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In Val del Chiese qualcosa si muove |
Scritto da r.b. |
Martedì 09 Settembre 2014 08:11 |
Dopo il diniego di circa due anni fa alla fusione con Cimego, il consiglio comunale di Castel Condino ha deliberato, nella seduta del 18 agosto il via all’aggregazione, più ampia, con Condino, Brione e lo stesso Cimego. Gli altri tre consigli comunali avevano già espresso nelle settimane scorse il proprio “sì” al percorso e dunque la strada è avviata. Le prossime tappe dunque prevedono la sottoposizione di un progetto di fusione ai consigli comunali, che dovranno approvarlo entro il 30 settembre per poi giungere al referendum vero e proprio atteso per il 14 dicembre. Una strada stretta ed impegnativa che, qualora vi fosse esito positivo, porterà allo slittamento delle elezioni comunali previste per il maggio 2015 e l’indizione delle stesse dal gennaio 2016, quando cioè il nuovo comune unico (da 2.300 abitanti circa) avrà il suo primo sindaco e consiglio comunale eletti. Per quanto riguarda il progetto di fusione si tratta di un documento sostanziale, tutt’altro che scontato, perché in esso dovranno trovare spazio le istanze di tutela delle municipalità, delle storie e delle identità delle comunità attuali, inserite armonicamente nel percorso di razionalizzazione e unione dei servizi e delle amministrazioni. Per questo, il 25 agosto è stata costituita la commissione che elaborerà il progetto, con tre membri (due oltre ai sindaci) per comune (per Condino Fabio Bodio e Ermanno Sartori, per Cimego Walter Zulberti e Alessandra Zulberti, per Castel Condino Remo Andreolli e Renato Bagozzi, Brione da nominare): un documento che poi sarà sottoposto al vaglio dei consigli comunali e che, se approvato, darà il via di fatto alla “campagna” pro referendum. Giorgio Butterini, sindaco di Condino, il maggiore dei quattro comuni con i suoi 1400 abitanti, guarda in modo positivo all’evoluzione di questo percorso. “Penso che la strada intrapresa, ancorché complessa, sia valida e testimonia l’impegno e la responsabilizzazione degli amministratori dei quattro comuni a guardare avanti e cercare di dare un assetto nuovo e più funzionale alle nostra comunità”. Mesi fa, ai tempi della mancata fusione tra Cimego e Castel Condino, disse di non essere d’accordo perché contemplava ambiti troppo ristretti e dunque era sostanzialmente inutile. Sì e non ho problemi a confermarlo, poiché le dimensioni dei due comuni non avrebbero apportato nessun vantaggio all’assetto amministrativo locale, c’era bisogno di aprirsi ad un discorso più ampio come è nella fattispecie questo nuovo progetto allargato a Condino e Brione. Peraltro, penso che anche questa sia una situazione “di passaggio”, di medio periodo ancorché significativa, perché oggi dobbiamo sforzarci di ragionare in prospettiva e penso che in quest’ottica dobbiamo lavorare sul comune unico del Chiese. Forse precorre un po’ troppo i tempi. Indubbiamente è così, poiché si tratta appunto di una visione di prospettiva che richiede di essere discussa, metabolizzata e progettata con serietà ed attenzione. Senza dimenticare che essa ha bisogno anche di un’assunzione di responsabilità della politica provinciale e di essere inserita nel progetto complessivo di riforma delle Comunità di valle e delle autonomie locali. Proprio per questo, oggi siamo a lavorare per quanto ci compete su un primo importante passo, ossia la fusione di quattro comuni limitrofi e morfologicamente omogenei, che può rappresentare il prodromo di qualcosa in più ed intanto getta basi significative di collaborazione, creando reti e sinergie. Recepisco con un po’ di amarezza che non in tutti gli altri ambiti del Chiese (secondo una lettera/proposta dei sindaci di un anno fa dovrebbero essere 4, localizzati in Storo, Condino, Pieve di Bono e Roncone, ndr.) si lavora in questo senso, non vedo insomma analogo impegno, anche se spero di essere in futuro smentito dai fatti. Su quali basi è nata questa fusione? Come dicevo, in primis dalla fondamentale omogeneità morfologica dei quattro comuni e dalla collaborazione fra le amministrazioni, nell’ottica di una prerogativa di accentramento amministrativo che sia rispettoso delle municipalità e della dignità storica delle singole comunità. Se tutto filerà per il verso giusto, il nostro diventerà un comune di 2.300 abitanti, porterà nel breve periodo piccoli risparmi sulla parte corrente (costi degli amministratori e funzionamento consigli), più visibili nel medio-lungo periodo. Ma è sulla parte straordinaria che è possibile fare sinergie ed economie di scala, rivedendo nel complesso l’allocazione dei servizi e delle relative risorse in un ottica di comune allargato. Su tutto, sarà strategico lo statuto, che scriveremo assieme per mettere in rete i servizi, uffici tributi, segretari, tutelando le singole identità dei vari comuni, una ricchezza che non intendiamo disperdere.
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