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A colazione con il Papa al rifugio delle Lobbie |
Scritto da Administrator |
Lunedì 12 Maggio 2014 06:31 |
Trent’anni fa – esattamente il 16 e 17 luglio – Papa Giovanni Paolo II, che il 27 aprile è stato proclamato Santo, assieme a Papa Roncalli, atterrava sul nevaio del rifugio delle Lobbie, sull’Adamello. L’evento è stato raccontato nel Film Tv “Non avere paura”, girato in Trentino, sull’Adamello e nell’abitato di Zuclo, andato in onda su RaiUno domenica 27 aprile. Con lui c’era il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che aveva di buon grado accettato di accompagnare il Santo Padre in questa insolita trasferta. Papa Wojtyla era venuto alle Lobbie per sciare. Pertini, che non sapeva sciare, ne approfittò per stare in compagnia, per prendersi un po’ di sole e per ammirare il Papa che, inforcati gli sci, scendeva lungo le piste delle Lobbie. Per la cronaca i due illustri personaggi arrivarono alle Lobbie nella mattinata del 16 luglio. Nel tardo pomeriggio Pertini rientrava a Roma e il suo ufficio stampa annunciava “urbi et orbi” che il presidente della Repubblica aveva accettato “oggi con vivo piacere l’invito di Sua Santità Giovanni Paolo II a fare colazione insieme sull’Adamello”. Per i media e le redazioni di tutto il mondo un annuncio inatteso, imprevedibile. Mai si era visto un Papa che sciava. Fra i giornalisti fu subito una corsa scatenata verso la val Rendena e l’Adamello. Ma giornalisti e troupe televisive avevano fatto male i loro calcoli. Lo spazio aereo sull’Adamello era stato chiuso. Posti di blocco ovunque avevano l’ordine perentorio di impedire l’accesso a chiunque alle Lobbie. Già a sera una quarantina di inviati speciali girovagava in val di Genova nel tentativo, infruttuoso, di aprirsi un varco. Non andò così per chi scrive che allora lavorava per l’agenzia Ansa di Roma. Allertato nel pomeriggio ero arrivato in valle nel tardo pomeriggio, assieme a Diego Decarli. Avevamo chiesto a Toni Masè, grande guida alpina e grande amico, se ci accompagnava al rifugio. Accettò di buon grado ed alle undici di sera tutti tre eravamo al Bedole. Cominciava l’avventura. Toni conosceva bene i sentieri e non ebbe difficoltà ad aggirare i posti di blocco, sia quelli collocati in fondo alla val di Genova, che poi quelli del rifugio Mandrone. Camminammo per quasi otto ore, in silenzio e sotto un cielo chiaro e rassicurante. Verso le 7 eravamo di fronte al rifugio. Si decise che sarei andato avanti io anche perché avevo il tesserino di riconoscimento dell’Ansa. L’accoglienza del servizio di sicurezza non fu dei più cortesi. “Si prenda un caffè – mi disse un funzionario – e poi torni giù”. Fortunatamente in quel momento apparve il segretario del Papa, Mons. Stanislaw Dziwis. Mi venne incontro e mi qualificai. Con cortesia mi accompagnò in cucina, per poter bere un po’ di latte caldo, e mi disse che potevo fermarmi senza alcun problema. Un quarto d’ora dalla scala del piano superiore scendeva il Santo Padre in abito talare. La notte aveva dormito in una stanzetta semplice dotata di un vecchio letto di ferro e di un lavandino con acqua corrente, cioè gelida. Mi presentai e con affabilità mi disse : “Venga anche lei ad ascoltare la Messa”. Celebrò la messa in una stanza del rifugio. Con lui e col suo segretario c’erano i maestri di sci, che gli furono vicini durante tutte le sciate, e la famiglia Zani. Terminato il rito religioso chiesi a mons. Stanislaw se potevo intervistare il Papa o comunque scambiare due parole. “Stia con lui – mi rispose – mentre fa colazione”. Eccomi dunque seduto su una panca accanto al Papa in una grande sala dalla quale si poteva scorgere un magnifico panorama di neve e montagne. La colazione – pane, latte, marmellata – durò poco più di un quarto d’ora. Il tempo sufficiente per raccogliere direttamente dalla bocca del Papa le informazioni di cui avevo bisogno per condire il pezzo, che l’Ansa stava aspettando. Devo dire che di primo acchito ero piuttosto imbarazzato : mai avrei pensato di trovarmi un giorno a fianco del Papa, a far colazione con lui. Ma subito l’affabilità e semplicità di Giovanni Paolo II mi tranquillizzarono. In sintesi mi raccontò come era nata l’idea della gita, la grande ammirazione che aveva per Pertini “un grande presidente”, la sua passione per lo sport e per lo sci in particolare, la sua sorpresa nel trovarsi in un luogo “così bello con montagne possenti e bellissime”. “Da noi in Polonia non si può sciare d’estate ecco perché ho accettato volentieri l’invito a venire quassù “. Si seppe poi che l’invito gli era stato rivolto dal giovane maestro di sci Gianluca Rosa. E poi ancora a raccontare il suo amore per la montagna “la cui maestosità avvicina a Dio“. Guardando fuori dalla finestra il nevaio ebbe modo di ricordare anche i morti della Guerra Bianca. Sicuramente era informato su quel che l’Adamello aveva significato nel corso della prima guerra mondiale. Poi si alzò e mi congedò con grande cordialità : “Adesso vado a sciare” mi disse sorridendo. Salì nella sua stanza e dopo un quarto d’ora apparve sulla scala nella sua perfetta tenuta da sci. Per la cronaca sciò sia il mattino che nel primo pomeriggio, prima di rientrare a Roma. Io rientrai a Trento verso mezzogiorno e invia il mio servizio a Roma. Quasi una decina di cartelle per dire cosa era accaduto in quei due giorni al rifugio e per riportare l’intervista al Papa. Una manna per tutti i giornali di tutto il mondo che ebbero così materia prima per confezionare i loro resoconti. Che l’incursione al rifugio, grazie a Toni Masè, si fosse tradotta in un piccolo scoop giornalistico me ne resi conto nei giorni successivi leggendo le cronache di “inviati speciali” che in valle non erano mai stati ma di fatto avevano pescato dal mio pezzo. E me ne resi conto anche dopo qualche settimana quando l’Ansa mi gratificò con un premio speciale in denaro e quando dalla Segretaria di Stato del Vaticano mi giunse una lettera nella quale si diceva che il Papa, ricordando l’incontro sull’Adamello, “ mi impartiva la propiziatrice benedizione apostolica.” |