Home Primo Piano In 5 anni persi 5.000 posti

Traduzioni e Comunicazione

In 5 anni persi 5.000 posti
Scritto da ettore Zini   
Giovedì 10 Aprile 2014 07:04

In cinquant’anni, anche in Giudicarie, abbiamo occupato ogni fazzoletto di terra disponibile. L’espansione edilizia e la cementificazione del territorio, al pari di tutte le altre regioni d’Italia, sono state il motore della nostra economia. Centri come Madonna di Campiglio, Pinzolo, Carisolo, Comano Terme, ma anche tutto il resto della valle, hanno costruito il costruibile. Dando all’edilizia residenziale uno sviluppo difficilmente riproponibile. 

Solo in val Rendena le 11.262 abitazioni esistenti (6.719 seconde case e 4.543 alloggi privati) danno la misura di quanta parte abbia rappresentato il comparto delle costruzioni per lo sviluppo economico della zona. Nella sola Pinzolo, 2.010 sono le case di villeggiatura e 2.765 gli alloggi privati. Per non parlare di Madonna di Campiglio, dove, dopo mezzo secolo di cementificazione selvaggia, è letteralmente impossibile trovare una sola particella edificabile. Lo stesso vale anche per l’espansione industriale, dove dopo anni di ampliamenti, si sta assistendo oggi a un processo di deindustrializzazione che ha addirittura indotto il Piano Territoriale della Comunità a stralciare una consistente fetta di aree e capannoni inutilizzati nella zona artigianale di Storo. Strutture vuote, diventate un peso per i proprietari. Di cui si tenterà un processo di riconversione. Un’operazione che porta a riflettere: a pensare quali potranno essere i nuovi modelli di sviluppo. L’edilizia è in crisi. Lo scoppio della bolla immobiliare ha messo in ginocchio numerose aziende. Tanto per citare qualche dato, quest’anno gli iscritti alla cassa edile in Trentino, cioè i lavoratori delle costruzioni per i quali sono stati versati i contributi, sono 12.800. Nel 2012 erano 14.136. Nel 2008: 17.725. In un anno sono stati persi oltre 1.330 posti di lavoro: il 9,8% in meno. Nel quinquennio: 4.925. Se poi, la lente di ingrandimento si focalizza sulle ore di lavoro, si scopre che il calo è addirittura del 14%: 12 milioni e mezzo dell’anno scorso, 10 milioni 800 mila del 2013. Una contrazione di 1.700.000 ore nel settore edile in provincia che, con analoghe proporzioni, si riverbera anche sull’economia locale. L’interrogativo è: che fare? Quale gli scenari futuri? E soprattutto: dove puntare il timone per recuperare i posti di lavoro perduti? Parlando dell’argomento con gli interessati il commento più ricorrente è: “Speriamo che il mercato si riprenda”. Affermazione che dà la misura di quanto tra gli addetti ai lavori: muratori, carpentieri, falegnami, idraulici e via dicendo, manchi la percezione del fenomeno in atto. Che è riduttivo definire semplicemente: crisi. “Ritengo non si possa più parlare solo di crisi – aveva dichiarato Enrico Garbari  presidente dell’Ance di Trento (Associazione Nazionale Costruttori Edili) – ma di un vero cambiamento di scenario e prospettive per il futuro”. Da allora, la situazione non è migliorata. Registra, anzi, una preoccupante situazione di stallo. Gli investimenti pubblici nel settore fanno rilevare una marcata contrazione. Anche le grandi opere latitano. Complice un’accentuata riduzione delle risorse dell’Autonomia (è di questi giorni l’annuncio dell’assessore Gilmozzi che la circonvallazione di Pinzolo dovrà attendere per mancanza di fondi). Lo stesso vale anche per la variante di Ponte Arche. Anche il mercato privato fatica a ripartire, soprattutto a causa della stretta creditizia che colpisce il settore, che si fa sentire, sia come contrazione della possibilità di accesso al credito da parte delle imprese, sia per le difficoltà di accensione di mutui, da parte dei privati. Le prospettive per il futuro non sono quindi delle migliori. Negli Uffici Tecnici comunali, le richieste di nuove concessioni edilizie latitano. Nella migliore delle ipotesi – confermano nei comuni - si contano sulle dita di una mano e sono troppo poche, per ridare impulso al settore. Né servono, o sono dei pannicelli caldi, iniziative come quella di Tione, di adottare misure meno restrittive per il Piano Regolatore, con l’obiettivo dichiarato di risollevare il comparto del mattone. Che possono essere anche di aiuto, fintanto che non stravolgono in modo disordinato la propria pianificazione urbanistica. Un’iniziativa che può essere paragonata a quella di dell’ex presidente della giunta Dellai che, di fronte ad una crisi verticale del settore, aveva proposto una direttiva “per la semplificazione dei controlli alle imprese”. Le soluzioni, come sostengono i responsabili di artigiani e industriali, hanno bisogno di ricette nuove, capaci di rivitalizzare, e dare una svolta al sistema. Devono passare attraverso l’innovazione e la ricerca. E dal recupero e dal miglioramento dell’esistente.     Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.