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Foto 2010
La lezione di Armando Paris, anima della sinistra della Dc |
Scritto da Paolo Cavagnoli |
Giovedì 10 Aprile 2014 06:51 |
Scrivere oggi di Armando Paris non è semplice, perché l’emozione ed il dolore blocca i ricordi di una vita politica vissuta assieme. Lui esperto giurista, appartenente sempre alla sinistra democristiana, aveva con me un rapporto costante ed affettuoso, quando negli anni ‘70 era presidente del S.Chiara in costruzione. Quante volte la sera ci trovavamo nel suo studiolo al piano terra dell’edificio a programmare, assieme al dott.Fontana, quello che avrebbe dovuto essere il principale ospedale del Trentino. Poi l’esperienza di partito, ove seguivamo le indicazioni metodologicamente controllate del senatore Berlanda. Non era facile instaurare con Armando un rapporto di amicizia paritario, ma la mia frequentazione di casa Paris mi permetteva anche piccoli e affettuosi scontri politici, perché su posizioni diverse. Era, Armando Paris, un determinato e quindi ogni divergenza diventava motivo di dibattito, poi tutto terminava in un amichevole whisky. Il legame fra noi venne consacrato assieme al nostro vate, senatore Berlanda, con la testimonianza al mio matrimonio che poi si rafforzò quando entrammo entrambi in Consiglio comunale a Trento. Lui capo gruppo ed io vice. Poi la politica lo ha voluto in consiglio provinciale e la frase che mi disse quando con un abbraccio mi passò le consegne di capogruppo la ricordo ancora con commozione. «Paolo, - mi disse - non rovinarmi la mia città». Sembrava una frase ad effetto, ma per me fu un viatico a continuare la conduzione del gruppo con costanza e studio. Ora Armando guarderà dal cielo schifato per come sono andare a finire le cose, ma noi siamo certi che la moglie Donata ed i figli potranno ricordare un marito ed un papà a volte spigoloso, ma affettivamente legato alla sua famiglia e alla propria comunità. Armando, ti saluto con il groppo e ora posso testimoniarti che ho fatto tutto per fare bene il mio compito di tuo sostituto capogruppo, anche perché noi tutti consiglieri volevamo bene, come te, alla nostra città.
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