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Con le rape non si fa buon sangue!
Scritto da Il Saltaro   
Lunedì 09 Marzo 2009 09:32

 

Il Saltaro delle Giudicarie
Con le rape non si fa buon sangue!
(... e nemmeno un buon partito…)

Le rape sono rape e dovunque le coltivi sempre rape rimangono. Questo è il succo di un dibattito profondo, di alto contenuto simbolico, che avvenne qualche giorno fa, nei luoghi sacri del sapere eterno. Ci sono due qualità di rape. La rapa bianca di Bondo e la rapa rossa d’Italia con tutte le loro variegate derivazioni. Un nobile argomento richiede nobili relatori, così sedevano nell’ordine l’Archimede, il dotto, l’Orsolina, la pettegola, l’Arcadio, lettore di giornali e quel colabrodo di Osvaldo Caccola, moderatore l’Abele, luce dei miei occhi, ed il vostro Saltaro, unico cronista di una storica assise.

L’Abele introdusse l’argomento riassumendo, in sintesi, l’analogo convegno svoltosi nei mesi scorsi in quel di Bondo, con tanto di esperti provinciali, finanziamenti compresi, dove si decantarono le virtù terapeutiche e culinarie di un prodotto della terra, da troppo tempo e troppo in fretta dimenticato, che, se debitamente riscoperto, coltivato e lanciato sul mercato, poteva ripetere il successo commerciale di molti altri prodotti,vedi, ad esempio, la farina di Storo. E tanto fu il successo dell’iniziativa che la produzione della rapa invase la campagna del generoso paese dell’alto Chiese, si lanciarono campagne pubblicitarie all’altezza del prodotto, ci si inventarono storielle e disegnini simpatici e gradevoli, infine le cantine si empirono di rape e lì ancora giacciono in attesa dei grandi affari. La speranza è che con la grave crisi in atto, la gente torni agli ortaggi di poco costo e si ricordino della rapa che nel passato salvò intere generazioni dalla fame e dalla pellagra.
L’Archimede, parzialmente d’accordo, ricorda che sono molti i prodotti del passato che, riscoperti, stanno ottenendo un gran successo, purchè le cose siano fatte bene, e sul prodotto si costruisca una ‘nicchia’ che lo sappia proporre nel migliore dei modi. L’Arcadio, concreto nel mangiare oltre che nel bere, preferisce la tradizione in ogni campo, non ci son rape che tengano di fronte ad un bel piatto di strangolapreti con bisteccazza e magari crauti con cotechino, e ancora meglio, polenta e selvaggina, il piatto preferito dal Presidente Dellai. Allibito da tanta prosaicità, il vostro Saltaro, attento come sempre alle finezze dei ragionamenti, sarebbe voluto intervenire, ma l’Orsolina, irruente, prese la parola. Lei di rape ne aveva piene le tasche, da fanciulla ne aveva ingerite a quintali d’ogni fattura culinaria e con ogni condimento, non ne voleva più sapere e rifiutava ulteriori audizioni sull’argomento. L’Osvaldo Caccola concordò appieno, le miserie rimangano ricordi, per lui valevano le sane abitudini del Presidente, polenta e cacciagione erano i suoi piatti preferiti, polenta e ‘osei’, in particolare.
L’Abele concluse imperterrito elogiando ufficialmente la rapa quale riscoperta gastronomica 2008, ed in special modo le rape di Bondo, che, rispetto alle altre, sono un po’ come le Melinda della Val di Non rispetto alle mele del resto del mondo. A questo punto avrei voluto riportare i ragionamenti sulla politica, argomento prediletto dell’intera congrega, ma con le rape di mezzo, lo sforzo sembrava anche a me eccessivo. Fu l’Archimede, come sempre il più informato ed il più colto avendo in gioventù frequentato ‘le commerciali’ in quel di Tione, a trovare il nesso con le rape e la politica che a me sembrò e mi sembra tutt’ora esagerato. E precisamente di rape rosse, che a Bondo non vengono coltivate, ma che sono diffuse in ogni parte del Paese, dalla Sicilia all’Alto Adige.
Le rape rosse son quelle raccolte un paio d’anni fa dai soloni della politica sinistrorsa per formare un grande partito democratico, il PD, un partito destinato al grande avvenire, foriero di successi e di grandi riforme. Ne raccolsero abbondanti in tutt’Italia, rossastre in Sicilia, rosate a Roma, rosse vivaci e sanguinanti d’antico in Emilia Romagna, rosse tendenti al verde al nord, rosa con altri ambigui colori anche nella nostra Provincia. Si inventarono poi le primarie per eleggere il loro capo-rape e tanto fu il clamore e la movimentazione che sembrava davvero cambiasse il mondo. Sorsero come funghi circoli di rape rosse e rapanelli in ogni dove, comprese le nostre Giudicarie, si innalzarono inni alle grandi intuizioni della sinistra laica e cattolica che avrebbero riportato nella politica etica, onestà e rigore,  e salvato l’Italia da quel diavolo d’un Berlusconi, ricco sfondato, blasfemo e perfino sporcaccione. Le ultime elezioni americane, con tutto l’entusiasmo suscitato in ogni parte del mondo con l’elezione di Obama, in confronto, sono state ben poca cosa. Fu eletto a gran voce Veltroni e si sa come andarono le cose. Marcirono le rape rosse in ogni parte del Paese, finirono in prigione, ‘pardon’ in cantina, personaggi di spicco a Napoli, in Abruzzo, Emilia, Firenze, ecc. ecc., andarono a mare l’etica e il rigore di loro esclusiva proprietà, ed, in poco tempo, le rape rosse divennero antipatiche ed indigeste al popolo che le respinse in più occasioni, l’ultima in Sardegna nei giorni scorsi, e buona notte.
Veltroni, venne in quattro e quattr’otto liquidato, definito dalle rape più accanite ‘un vero disastro’, e subito sostituito da un rapanello rosato ex democristiano, già definito, sempre dai suoi, ‘Vice-disastro’. La Bindi, mitica donna catto-comunista, rossa e floscia come una rapa cotta, ancora non si capacita come gli italiani preferiscano tortellini, spaghetti, bistecche ed aragoste ad un più sano e succoso piatto di rape rosse. Non si ancora accorta con altri, che le rape rosse, rosa, rossastre, carminio ed altre, comunque le cucini, non sono più di moda, e il popolo di rape, rapanelli e rapunzoli vari, ne ha piene le tasche.
Batterono le mani in molti alla lucida analisi delle ultime vicende della politica italiana raccontata d’un fiato dal sorprendente Archimede, io stesso, il vostro impareggiabile Saltaro, uso ad ogni sorta di linguaggio e ad ogni azzardo dialettico, ho apprezzato non poco la similitudine pertinente, il linguaggio appropriato e le logiche conclusioni. L’Abele, infervorato, volle riportare il tutto nell’ambito della nostra terra e l’Archimede, abbandonato ogni pudore, riprese l’argomento con convinzione.
A Trento e Provincia, ma soprattutto a Trento città, il mercato delle rape rosse sembra resistere, meno quello dei rapanelli di periferia, comunque sembrano riscuotere ancora qualche apprezzamento, l’eliminazione delle erbacce infestanti e l’avvento di alcuni personaggi di buon livello, e più di tutto le nostre abitudini alimentari più parche e meno pretenziose, ce le rendono sopportabili in mancanza d’altro. Giustamente, s’inserì l’Arcadio, col vuoto che c’è a destra e a manca anche le rape hanno il loro gusto. E se la sinistra è raposa ed in crisi, di là, la destra è fangosa e impantanata da far pietà. Solo qualche scheletrico arbusto, rachitico e sterile da sempre, continua le sue lagnose presenze oratorie senza alcun frutto per la comunità,  ma abbondanti per le proprie tasche, adesso e per sempre. Al centro, ahimè, scorre il fiume dell’insipienza e dell’egoismo, dell’indifferenza ad ogni scelta se non per trarne vantaggio e nient’altro. Nel suo splendido isolamento, imperterrito e spregiudicato governa il Presidente Dellai, in tutta quella confusione di ortaggi vari, lui se la gode, cinico e spavaldo, e scorazza negli orti più disparati, dall’orto incasinato dell’ UDC a quello del vecchio Tirolo, in città, ma riprendendo in ogni dove, forte, potente, assistito dai suoi fidati giannizzeri, Tigellino compreso, intrepido, e lungimirante, in questi ultimi anni di Presidenza dovrà preparare il suo futuro politico e non, ed il futuro dei suoi fedeli, non sono pochi quelli che stanno pensando ad un colpo a sorpresa, alla Chavez, tanto per intenderci, cambiare la legge e rimanere Presidente in eterno, sarebbe un buon colpo per lui, ma, secondo l’Orsolina, che per Dellai stravede, anche per tutti noi, finalmente fuori dalla confusione, dal menefreghismo, e dal rischio rape rosse, che seppur trentine, e con un gusto tutto particolare fin anche accettabile, sono sempre rape e con le rape non si fa buon sangue. Parola di Saltaro!