Home Editoriale Renzi, una carta che non può (non deve) fallire

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Sabato 15 Marzo 2014 14:38

Riassumiamo. Renzi è il nuovo Presidente del Consiglio del nostro Paese. Si è presentato con i suoi ministri al Quirinale, hanno giurato come si conviene, e sono entrati in azione già dal giorno stesso del loro insediamento. Sedici i Ministri: otto uomini e otto donne. Questa la squadra di governo di Matteo Renzi, segretario del PD e premier più giovane della storia d’Italia con i suoi 39 anni. Con lui sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio (PD), ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, agli Interni Angelino Alfano (Ncd), agli Esteri Federica Mogherini (PD), alla Giustizia Andrea Orlando (PD), alla Difesa Roberta Pinotti (PD), allo Sviluppo economico Federica Guidi, alle Infrastutture e Trsporti Maurizio Lupi (Ncd), alla Salute Beatrice Lorenzin (Ncd), alle Politiche Agricole Maurizio Martina (PD), all’Ambiente Gianluca Galletti (Udc), Lavoro e politiche sociali Giuliano Poletti, all’Istruzione, Università e ricerca Stefania Giannini, ai Beni e attività culturali Dario Franceschini (PD), alle Riforme ed ai rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi (PD), alla Semplificazione e alla P:A: Marianna Madia (PD) e agli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta.  

una età media di 48 anni, era di 53 quella del governo Letta e 64 quella del governo Monti, e con tutti i presupposti per confermare la volontà di cambiamento confermata a più riprese dallo stesso Renzi. Non è stato facile giungere alla conclusione dell’iter per la formazione del Governo. I riti a cui abbiamo assistito sono apparsi un incrocio fra il vecchio ed il nuovo. I vertici di maggioranza con nove partiti, le consultazioni, gli incontri segreti, i faccia faccia notturni, la staffetta ed il gelo con Letta, appartengono alle consuetudini della prima repubblica. Lo streaming, gli inseguimenti di centinaia di giornalisti, telecamere, fotografi, a caccia di ogni alito di Renzi, Grillo che trasforma ogni sua apparizione in un comizio strampalato e lo scontro fra i due seguito dalla televisione, hanno rappresentato quanto di diverso ormai richiede l’insediarsi di un Presidente del Governo. Naturalmente hanno accompagnato l’operazione una caterva di considerazioni in parte favorevoli e per gran parte critiche. L’aver fatto fuori Letta, suo compagno di partito dopo averlo rassicurato sulle sue intenzioni, non è piaciuto soprattutto all’interno del suo partito, così come non è piaciuto il suo incontro con Berlusconi per ritrovare sintonie sulle riforme da fare, così come è stata criticatala scelta dei ministri in gran parte del Pd, ma considerati troppo giovani ed inesperti. Dall’altra è stata apprezzata la parità di genere nella squadra, il decisionismo con cui Renzi ha affrontato alcune questione scottanti, ma soprattutto la concretezza delle cose che intende portare avanti con nome, cognome e scadenzario, cosa mai successa nella storia della repubblica. Fatta la conta fra le cose che piacciono e quelle che non piacciono, sono sempre più convinto che il governo Renzi sia una chance per tutti noi, anzi, l’ultima carta che abbiamo in mano, l’ultima carta prima della deriva. Non è facile immaginare cosa potrebbe succedere se, dopo lo scarso risultato di Monti ed il fallimento o quasi di Letta, anche Renzi dovesse fallire. Oddio, la storia va avanti comunque. Ma gli italiani hanno caricato di aspettative gigantesche sull’ormai ex sindaco di Firenze. A fronte di uno stato d’animo generalizzato di profonda sfiducia nella politica, lui, Renzi, giovane, dinamico, aggressivo, dal linguaggio finalmente fuori dalle pastoie del politichese, ha suscitato e sta suscitando enormi attese. Il desiderio che il tentativo riesca è diffuso ovunque ed è sincero, coinvolgendo ogni colore ed ogni settore della politica. E’ collettiva la percezione di un clima da ultima spiaggia, “o la va, o la spacca” come dice Renzi, insomma tutti sperano che ce la faccia perchè altrimenti non sapremo più a che santo votarci. Tutto sommato, Renzi ha dalla sua il Paese, era capitato anche al Berlusca un paio di volte, ma non con lo stesso coinvolgimento, e questo gli da forza  e legittimazione per mettere sul piatto alcune riforme che, se attuate, rivoluzionerebbero davvero il sistema istituzionale della repubblica: la riforma elettorale, l’abolizione del Senato e la revisione del Titolo V della Costituzione, argomenti che abbiamo trattato in febbraio. Lo seguiranno in Parlamento? Ho la netta sensazione che la gran maggioranza dei parlamentari, pur turandosi il naso, lo appoggerà, in modo più o meno trasparente, non c’è nessuno che voglia andarsene a casa. E Renzi fa della minaccia di immediate elezioni una delle sue armi vincenti contro la sfiducia. L’altro problema che comunque dovrà affrontare è all’interno del suo stesso partito. La disinvoltura con cui si è mosso Renzi come segretario del Pd, ha sconcertato gran parte del vecchio apparato del partito. Forse Civati esagera quando dice che il PD non esiste più e al suo posto ormai c’è il PdR, il partito di Renzi, ma esprime le tante preoccupazioni di chi è contrario ad un cambiamento cosi repentino dalla ditta bersaniana al partito carismatico.  Matteo Renzi s’è preso il partito partendo dal basso vincendo alla grande le primarie. Ora prova a dare una definitiva identità al PD che finora non ha mai avuta. Un partito nato dal fragile compromesso tra Margherita e PDS, mai completamente digerito dalle due anime in questione. Bloccare scissioni, sedare i mogugni ed evitare vendette trasversali dei suoi compagni più o meno “rottamati”, sarà uno dei compiti più ardui.

Per tutto quanto detto, io ho fiducia in Renzi, pur non essendo della stessa parte politica. Ovviamente il mio giudizio positivo aspetta delle conferme, non vorrei fosse tutto un bluff, qualche promessa se l’è rimangiata durante quest’ultimo periodo, chiedetelo a Letta, ma sono cose che in politica possono capitare. Spero non sia un vizio caratteriale, sarebbe un guaio per tutti noi e per l’Italia intera.  

Adelino Amistadi