Qualcuno ha detto che non si può aspettare Gesù Cristo, con l’indifferenza e quasi la noia con cui si attende l’arrivo del tram. L’evento dell’Incarnazione è sconvolgente. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il cielo si è curvato davvero sulla terra, l’uomo ha un valore divino. Dio davvero è amore. Allora il Natale non è la festa dei giocattoli e delle parole vuote. Un grande silenzio deve coprire tutto per fare spazio all’ascolto del coro degli angeli “Gloria a Dio che ama gli uomini, e gloria all’uomo che è totalmente apprezzato da Dio”. La nostra salvezza viene da Dio; questo è il senso del concepimento verginale. L’umanità non può darsi il salvatore. Lo abbiamo capito? Fino a quando ci illuderemo del contrario? Non c’è filosofia, ideologia, progresso, non c’è scoperta che possa salvarci. Solo da Dio, la salvezza.
Ma ne siamo davvero consapevoli? Non è che in questo tempo preferiamo concentrarci sulla superficialità invece di riconoscere la nostra fragilità e debolezza? Non è che preferiamo guardare le cose belle dei Mercatini di Natale e tralasciare di riflettere sul bisogno che abbiamo di essere capiti, sostenuti ed amati? Non è che ci fa paura oggi il nostro essere creature umane e che la vicinanza di un Dio che si fa carne come noi, ci fa venire il sospetto che non siamo solo una muffa di pianeta? E i credenti, in tutto questo stordimento, in questa fretta, in questa ansia… dove sono? Che cosa fanno? Viviamo in una società che sta cercando fondamenti al proprio vivere, per superare l’angoscia (palese o più spesso nascosta) che la attanaglia. Viviamo in una società che è ancora profondamente segnata dal cristianesimo, ma nella quale i cristiani attivi davvero, sono solo una minoranza; essi devono sostenere una maggioranza di battezzati che tuttavia rimane un po’ ai margini della vita ecclesiale. Per descrivere questa situazione, propongo l’immagine degli strati che compongono il tronco di una pianta. Ci sono i cristiani della linfa, che stanno al centro dell’albero e quindi ne ricevono il necessario nutrimento; sono coloro che frequentano la parrocchia abitualmente e attivamente, collaborando al cammino della comunità. Ci sono i cristiani del midollo, che stanno attorno; frequentano la chiesa, danno dei contributi economici per le sue necessità, però non collaborano in maniera stabile alle diverse organizzazioni. Noi li chiamiamo i semplici praticanti. In terzo luogo, i cristiani della corteccia, che vivono marginalmente rispetto alla comunità cristiana, pur professando di appartenervi. Costoro vanno in chiesa alcune volte l’anno, compiono i principali atti religiosi della vita parrocchiale (battesimi, matrimoni, funerali), ma non si impegnano più di tanto. Segue la categoria di quelli che nell’immagine botanica si potrebbero chiamare il muschio attorno alla corteccia; pur essendo stati battezzati e avendo ricevuto nei primi anni un’educazione cristiana, si sono allontanati, per loro scelta, dalla Chiesa. Sono i lontani di prima generazione. Infine, ci sono persone che non appartengono a nessun tipo di Chiesa, per educazione, non per scelta, dal momento che o non sono state battezzate o, se battezzate, non hanno avuto nessun altro segno o invito all’appartenenza. Sono i lontani di seconda generazione. Per tutte queste categorie di persone… il Natale che cosa dice? Dice la stessa cosa? Suggerisce le stesse emozioni, gli stessi sentimenti? La Chiesa oggi riconosce che il cammino del credere è difficile, spesso ostacolato e pieno di diffidenze e paure. Occorre ammettere che la non credenza è una dimensione insita in ciascun uomo: c’è spesso e volentieri una divisione del cuore dell’uomo e una lotta tra la parte credente e quella non credente, tra la parte pensante e quella non pensante. L’uomo deve diventare oggi più che mai un perseverante indagatore della propria esistenza e del proprio mistero, fino a scoprirsi desideroso di un Assoluto di cui ha davvero bisogno per trovare il senso alla sua vita. Ecco allora che il mistero del Natale viene a scaldare, a ricompattare il cuore degli uomini. Ecco allora che Natale vuole toccare tutti gli uomini, vicini e lontani e richiamarli ad una dimensione più grande, più profonda, più umana, una dimensione di apertura al Mistero. Il Natale dice che Dio sta bene nel mondo degli uomini. E se anche la tenebre dell’ora presente offuscano la sua luce, Lui vuole ancora farsi vicino, farsi uno di noi, nella povertà della nostra natura umana, con la discrezione della sua presenza. Ci ricorda il Vangelo: “Il Verbo si è fatto carne, ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Venne tra i suoi e i suoi non lo hanno accolto. Ma a coloro che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare Figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome”… e Tra questi che lo hanno riconosciuto, spero di esserci anch’io insieme a voi tutti.
Don Walter Sommavilla
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