Home Editoriale Tanti candidati non significa più democrazia

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Scritto da Administrator   
Mercoledì 06 Novembre 2013 23:56

«Troppi candidati, troppe liste». È il ritornello che abbiamo sentito spesso durante questa campagna elettorale per le elezioni provinciali. Al bar, al supermercato, per strada; ogni volta che la conversazione cadeva sulle vicende politiche il rilievo è stato unanime. E come dare torto al sentimento popolare? D’altra parte i numeri lo confermano: 23 liste, 11 candidati presidente, oltre 750 candidati. Di fatto non c’era trentino che non avesse un amico, un conoscente, un vicino di casa o un parente in lista.
Di contro, tutta questa voglia di “partecipazione” all’agone elettorale non si è tradotta in altrettanta voglia di andare a votare. Anzi, il contrario.
Sembra quasi che il chiasso assordante e un po’ invadente dello stuolo di candidati (vedere per credere ai mercati, fiere, termen ecc ecc, o le quintalate di materiale elettorale nella cassetta postale) abbia ulteriormente stancato la gente comune della politica, allontanandola ancora di più.
Il dato dell’affluenza, al 62,82% a livello provinciale (in Giudicarie abbiamo fatto un filo meglio, 63,78%), inferiore di oltre dieci punti al valore del 2008, lo testimonia.
I fattori che hanno indotto questo calo sono diversi. In primis ovviamente lo scollamento dalla politica, anche a fronte delle recenti vicende soprattutto a livello nazionale. Ma non basta, visto che alle elezioni politiche di febbraio votò l’80,4%, buona percentuale.
Poi c’è ovviamente la grande frammentazione del centrodestra trentino, che ha proposto addirittura quattro candidati presidente (Bezzi, De Eccher, Fugatti, Filippin ai quali va aggiunto anche Mosna, anche se è più di centro), ma soprattutto l’incapacità di proporre un progetto che avesse non si dice le possibilità di vincere le elezioni, ma quantomeno di provarci, di essere in corsa. Uno scenario che ha convinto molti elettori di quell’area a stare a casa. Infine – e non va sottovalutato – c’è appunto il proliferare di liste e candidati che ha ingenerato nella gente l’idea che il Consiglio provinciale sia una sorta di diligenza sulla quale cercare di salire in tutti i modi, tentando la fortuna con liste estemporanee e spesso sguaiate, improvvisate da quattro amici al bar, senza preoccuparsi più di tanto di esprimere idee, programmi ed un minimo di credibilità politica. Così facendo si allontana definitivamente la gente.
Il prossimo Consiglio provinciale dovrebbe pensare anche a questo, dunque. Chiaro che non si possa limitare la voglia di partecipazione alla politica di chi vuole mettersi in gioco, o in lista, con numeri chiusi, “tetti” ecc. ecc., darebbero forzature senza senso e incostituzionali. Diverso discorso agire sulla legge elettorale, specie nella quantificazione del numero di firme necessarie per il sostegno alle candidature. Ora l’articolo 25 della LP 5 marzo 2003 N° 2 prevede che “La dichiarazione di presentazione di ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere provinciale deve essere sottoscritta da non meno di cinquecento e non più di settecentocinquanta elettori”. Un range che adottano altre province sotto il milione di abitanti e che, logicamente, deve essere a questi proporzionale. Dobbiamo chiederci se attualmente sia ancora sufficiente. (r.b)