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Mosna, delusione e (troppi) errori
Scritto da Administrator   
Mercoledì 06 Novembre 2013 23:50

Il grande e insuperabile (almeno in ironia) Amintore Fanfani in un congresso nazionale della DC – quindi di più di vent’anni fa – parlando dei giovani ebbe a dire che era giusto valorizzarli in politica senza però dimenticare che anche fra i giovani ci sono tanti “bischeri”. **
Guardando i risultati delle elezioni provinciali di domenica scorsa bisogna pur aver il coraggio di dire che nello schieramento alternativo al vincitore Ugo Rossi (per brevità chiamiamolo centro/ centro destra) i bischeri sono stati parecchi. Un po’ per arroganza e velleitarismo, un po’ per inesperienza, un po’ per piccoli calcoli di bottega sono stati in parecchi a sbagliare. E il risultato – che già si sapeva con largo anticipo – conferma senza possibilità di appello tutti gli errori di questa area. Vediamoli in sintesi.
Ad un’area di centro sinistra autonomista che proponeva un solo candidato, il centro/centro destra si è presentato agli elettori con ben cinque candidati presidenti (Mosna, Bezzi, Fugatti, De Eccher, Filippin). Si è presentato diviso non tanto per motivi ideologici o politici seri - le differenze non le abbiamo colte - ma per pregiudizi e ambizioni di corto respiro. E’ il caso di Filippin, che in una notte deve aver visto il messia che gli ha detto di non aderire ad altre liste ma presentarsi come candidato presidente del suo piccolo e praticamente sconosciuto simbolo.
E’ il caso di Cristiano De Eccher che, animato da sacri furori verso l’on. Micaela Biancofiore, ha voluto presentarsi da solo con un partito detto “Fratelli d’Italia”, che peraltro in Italia e in Trentino di fratelli ha dimostrato di averne veramente pochini. Che poi l’irruzione di Micaela Biancofiore in Trentino non sia stato un bene pare altrettanto evidente. Di Fugatti e della Lega Nord si sa. E’ quello di Fugatti un partito che in Trentino porta da sempre danno al centro destra. Già nel 2003 Fugatti impose come candidato presidente Divina al posto di Borga, proposto da Forza Italia, e se la prese in saccoccia. Di Bezzi perlomeno va riconosciuto che in tutte le salse ha detto di esser disponibile a fare un passo indietro se le liste civiche di Mosca avessero accettato Forza Italia/Forza Trentino nella coalizione. Non è andata così per la volontà di Silvano Grisenti, che in nome della verginità di quelle sfigate liste civiche messe in piedi a sostegno di Mosna, ha voluto fare a Forza Italia l’esame della ”limpieza de sangre” come dicevano gli spagnoli a proposito degli ebrei.  Ma non è solo qui che Grisenti ha sbagliato. Al di là del suo personale successo, occorre dire che il risultato finale dimostra quanto poco sia stato stratega attento ed intelligente. Si è sopravvalutato ed ha sopravvalutato il suo movimento politico, che ha raggiunto un traguardo modesto, addirittura inferiore a quello dell’Upt, il partito che Grisenti voleva umiliare.
Il vero sconfitto di questa tornata elettorale è proprio lui, che ha sbagliato strategia sia nei contenuti che nei tempi. Ha voluto che il candidato Mosna fosse sostenuto solo da “liste civiche”. Questo per distinguersi dai partiti tradizionali, per essere più lontano da Roma, per dare un senso di territorialità più pregnante. Ha messo in piedi liste dai nomi strani e qualcuna conosciuta solo dallo Spirito Santo (vedi ad esempio “Insieme per l’autonomia”, “Autonomia 2020”, “Fare Trentino”) .
Nomi strani inventati qualche settimana prima del voto, accozzaglie di nomi, senza una base culturale e politica, senza un reale rapporto con la comunità. Evitando ogni aggancio con forze politiche nazionali Grisenti ha voluto dare un implicito giudizio negativo sulla politica ma la politica lo ha punito e penalizzato. I trentini hanno preferito i nomi e le sigle di partiti che non hanno timore a presentarsi col proprio simbolo, come il Pd, a valorizzare i propri agganci con Roma facendone anzi un motivo di orgoglio e di maggior spessore politico. Anche perché – come Grisenti sa – l’autonomia si difende innanzitutto a Roma e non solo a Povo. Hanno preferito partiti che vantano un retroterra ed una proposta politica radicata, magari discutibile, che però non nasce dal cilindro ma viene da lontano, perlomeno da qualche anno di elaborazione e di sperimentazione.
Grisenti ed i suoi guru hanno sbagliato nella valutazione politica ma anche nella comunicazione. Anche qui per presunzione, ritenendo che simboli oscuri di liste civiche in un paio di mesi potessero essere conosciuti e assimilati dagli elettori. Per lanciare un prodotto – e in questo caso  un partito ovvero una lista civica -  ci vogliono mesi e mesi di lavoro, di comunicazione e anche soldi, tanti soldi. Il tempo non c’è stato, ne c’è stata l’organizzazione – al di là di quella propria del Progetto Trentino – che richiede ogni campagna elettorale. Se il Patt, se il Pd, se l’Upt hanno vinto è perché alle spalle hanno anche un’organizzazione sul territorio, gente che da anni lavora per il partito, attivisti che sanno che cos’è la politica. Nelle liste messe in piedi da Grisenti abbiamo visto e sentito candidati parlare del nulla, esprimendo solo supponenza e faciloneria. Peccato. Poteva essere un’occasione, dopo quindici anni, per cambiare qualcosa in Trentino.
Non è andata. C’è solo da sperare che il cambiamento ora lo sappia gestire il Patt, che ha la grande responsabilità di gestire la Provincia in una fase di presumibile, forte difficoltà dovuta alla situazione finanziaria che vedrà nei prossimi anni calare drasticamente le risorse del bilancio provinciale. Va ricordato, peraltro, che già vent’anni fa il Patt ebbe una grande affermazione, sfiorando il 20 per cento e conquistando la presidenza della Provincia con Carlo Andreotti. Purtroppo allora nel giro di poco tempo Andreotti distrusse il Patt e anche in Provincia non creò grandi rimpianti. Anzi proprio non lasciò alcun segno.
Vogliamo essere ottimisti ed augurarci che Rossi sia di una tempra diversa.

** Bischeri è un appellativo tipicamente fiorentino, legato ad una ricca famiglia di Firenze, per l’appunto I Bischeri. E’ un modo di dire ironico per indicare gente che si crede un po’ più furba degli altri ma che alla fine non ne indovina mai una di giuste.