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Porto Franco: Moriremo democristiani |
Scritto da Ettore Zampiccoli |
Mercoledì 02 Ottobre 2013 20:50 |
Luigi Pintor, già direttore del Manifesto una quindicina di anni fa scriveva con una certa soddisfazione “non moriremo democristiani”. Invece in questo autunno dorato e incerto si sta rafforzando negli osservatori e nei politologi la convinzione che “moriremo democristiani”. Non che, tutto sommato, mi dispiaccia ma vediamo di capire il perché. A Roma come a Trento ci sono striscianti, ma non troppo, fenomeni e processi evolutivi che portano a dire che tra qualche mese i democristiani, quelli di seconda o terza generazione, avranno in mano le carte buone e potranno giocare una partita impensabile fino a poco tempo fa. Il tutto deriva dal lento logoramento della Premiata Ditta, ovvero il PD del dopo Bersani che – sia ben chiaro – non sta chiudendo ma sicuramente sta cambiando gli azionisti di maggioranza e forse anche la ragione sociale. Basterebbero tre nomi per far capire cosa sta succedendo nel Pd: Enrico Letta, Franceschini e Renzi. I primi due vengono di fatto dal vecchio Partito popolare di Martinazzoli ed il dna della democristrianità ce l’hanno nel sangue e nel linguaggio. Renzi, pur essendo nato in terre rosse, ha tanti risvolti ma non certo quello di comunista doc, vetero o neo che sia. Anzi il suo modo di proporsi, di argomentare, la sua spavalderia ricorda più il berlusconismo che il bersanismo a perdere. E non a caso lo stesso Renzi ha detto che Bersani è ormai “spompo”. Ebbene questi nuovi e giovani protagonisti stanno mettendo alle corde chi bene o male ha tentato di interpretare in questi anni la Premiata Ditta: Bersani sta facendo la fine che farà, Barca si è perso nelle nebbie dell’ideologismo vuoto e un po’ snob, degli altri di sicura matrice e pensiero comunista o post comunista non si parla nemmeno più. C’è da giurarci ma, dopo il congresso, il trio Letta-Franceschini-Renzi prenderà definitivamente in mano il partito e allora chissà quali scenari nuovi si apriranno. Certo non potranno ribattezzare il PD Democrazia Cristiana ma sicuramente vi metteranno dentro contenuti, modi di fare, atteggiamenti e ragionamenti che con la vecchia e ormai spompata sinistra avranno ben poco a che fare. A ben guardare questo processo è in atto, silenziosamente, anche a Trento. Vediamo un paio di situazioni. Nel Pd della vecchia guardia - non ci riferiamo al dato anagrafico - chi resta? Pinter ormai appare di fatto archiviato, il buon Pacher con stile e tempismo ha deciso di abbandonare la barca, Nicoletti si è già perso nelle nebbie romane. Poi ci sono i giovani rampanti. Olivi, più vicino a Marangoni che a Marx, Luca Zeni un giovane promettente che ha dimostrato di sopportare malamente le liturgie della sinistra, Alessandro Andreatta di sicura fede cattolico/democristiana, senza parlare del parlamentare Tonini, tanto per fare qualche nome. E’ una generazione che sta cambiando la pelle di quel che po’ che resta del Pd. Ma le situazioni più interessanti si ritrovano al centro, quell’ampio bacino che – come una vecchia e cara mamma – è sempre pronto ad accogliere tutti. E in questa area che si giocheranno i destini futuri del Trentino e che potrebbero riservarci inattesi scenari. Infatti dicano i lettori che differenza fa tra un Grisenti e Viola da una parte e un Rossi dall’altra. Non conosciamo più di tanto Mosna, il candidato presidente delle liste civiche di centro, ma non pensiamo sia un nostalgico del pensiero unico e di sinistra, del partito della spesa pubblica, dell’idea che la Provincia deve essere ovunque ed insinuarsi dappertutto togliendo spazio al cittadino, al privato, al professionista. Grisenti è di scuola democristiana e lo dimostra, tra l’altro, la caparbietà con la quale è risorto dalle sue difficoltà. Viola pure con l’aggravante di essere fervido seguace della Compagnia delle Opere. E Rossi? Ma vi pare che il Patt sia di sinistra. Ai tempi di quell’indomito combattente che era Enrico Pruner il Patt era capace di battaglie memorabili sia contro la sinistra, in nome di Dio Heimat e Famiglia, sia contro la Democrazia Cristiana. Ora ha assorbito i toni, le forme, il linguaggio di un partito moderato che con garbo e furbizia mette un po’ in penombra i cappelli piumati e si inserisce delicatamente nelle pieghe di quell’intellighenzia democristiana, che dietro le quinte consiglia e suggerisce. Non sappiamo, oggi come oggi, se vincerà Rossi o Mosna, ma vinca uno o l’altro una cosa è certa: la leadership politica e culturale del Pd anche in Trentino è ormai agli sgoccioli. Parliamo naturalmente del Pd di una volta, non di quella Cosa che verrà dopo l’innesto di pensiero dei nuovi rampolli. Magari nella prossima maggioranza ci potrà essere anche il Pd, peraltro con la generazione nuova, ma non potrà pesare più di tanto, né tantomeno seccare più di tanto il manovratore perché altrimenti ci sarà sempre la riserva del centro campo, quella di Grisenti e compagni. Democristiani si nasce, non si diventa. E’ quel che non ha capito il Pd nel momento in cui ha perso le radici inseguendo battaglie di retroguardia e perdendo vent’anni a combattere Berlusconi, anziché pensare a rinnovarsi. E così mentre Bersani combatteva il Cavaliere i giovani democristiani, zitti zitti, piano piano, come novelli cuculi, volavano nel nido del Pd deponendo le loro uova, che ora si sono schiuse. |