Home Editoriale … le Giudicarie stanno a guardare?

Traduzioni e Comunicazione

Scritto da Tiziano Salvaterra   
Giovedì 11 Luglio 2013 21:04

Con l’avvicinarsi delle elezioni provinciali si anima sia a livello mediatico che nei luoghi di incontro il dibattito, le considerazioni, le previsioni  sui futuri assetti della nostra provincia dopo quindici anni di guida Dellai. Anche qui molte chiacchiere, forse troppe chiacchiere, poca documentazione, tante impressioni  non suffragate da dati, ognuno con la sua verità che di fatto divide sempre di più.

La politica rappresenta un luogo strategico nella vita delle comunità; negli ultimi trent’anni l’abbiamo trasformata in un baraccone da circo dove chi si impegna è giudicato comunque una persona che avrà i suoi interessi. E cosi si è generata e si alimenta una visione negativa della politica. Questo atteggiamento negativo verso chi  gestisce la responsabilità è diventato patrimonio anche delle nostre piccole comunità. Fare l’amministratore comunale o il sindaco può essere un rischio, un peso, un sentirsi  bersaglio di chiacchiere che non portano la proposta, ma si fermano alla protesta, al sentito dire, alla denuncia. E cosi anche le persone che per competenza, esperienza,  consenso potrebbero aspirare a dare il proprio contributo si tirano indietro lasciando spazio a chi magari ha meno titolo. A dire il vero le forze politiche hanno contribuito molto a generare questo sentimento; i partiti si sono trasformati da luogo di dibattito,  in gruppi non sempre ben identificabili per  valori, metodo, obiettivi, più tesi verso lotte intestine che nella ricerca del bene comune.

Anche il nostro Trentino non è esente da queste tentazioni: quante polemiche, frecciate interne ed esterne, una frantumazione esasperata (chissà quante liste avremo alle elezioni provinciali) per cui  prevale la divisione. Ed intanto nei partiti si litiga su chi candiderà senza chiedersi per fare che cosa, se ha le caratteristiche  giuste.

Le Giudicarie sono in questa situazione. Una volta ci si raccoglieva intorno ad alcune persone e si discuteva del futuro di questa terra. I migliori andavano a guidare le istituzioni, le convergenze erano molte. Lo sviluppo delle nostre terre passa attraverso questo metodo che cercava di generare coesione pur nel campanilismo, di tenere insieme tutti da Storo a Madonna di Campiglio a Fiavè a S. Lorenzo in Banale. Ogni area con le  proprie specificità, ma uniti per portare propri rappresentanti a Trento , a Roma, in Europa. Ed una volta eletti giravano, si confrontavano, portavano conoscenza. Si discuteva, si litigava ma poi vi era la sintesi sulle cose che contavano: impianti di risalita, terme, turismo di montagna, foreste, energia, istruzione, sanità, servizi alla persona, viabilità. Se si pensa a quanta strada è stata fatta nel periodo che va dal 1960 al 1990 e quanta poca se n’è fatta negli ultimi vent’anni ci si rende conto di come la frantumazione non ha portato vantaggi. Gaber ha scritto una canzone triste dal titolo “La mia generazione ha perso”, credo che valga anche per le Giudicarie: la generazione  che sta arrivando i 60 (cioè la mia) non è stata capace di  lasciare un segno come quella che l’ha preceduta.

Forse alle Giudicarie è venuto meno l’orgoglio, il senso di appartenenza, l’entusiasmo di esserci, la volontà di voler fare qualcosa per il bene comune, sono venuti meno questi sentimenti che invece erano forti negli anni del riscatto da terra di emigrati a terra di accoglienza. Mi convinco sempre di più che prima delle opere (pur importanti) serve l’identità, il gusto di essere giudicariese come sistematicamente ricorda il mio maestro Mario Antolini .

Perché l’orgoglio e l’appartenenza, la passione per un progetto di sviluppo della tua valle, fanno capire l’importanza della rappresentanza nelle istituzioni superiori  per poter difendere una periferia (e qui ha ragione Amistadi) che se non si organizza è sistematicamente penalizzata come del resto lo sono tutte le periferie.

Caro candidato, non ti chiedo la lista delle opere che  vorrai portare avanti, quanti posti di lavoro creerai, ti tolgo dall’imbarazzo anche di dirmi quale sarà lo schieramento che pur è una cosa importante. Faccio fatica anch’io a capire la differenza fra UPT e gruppo Grisenti tanto per fare un esempio o se il PD (poi quale PD) è di sinistra ed i grillini dove stanno; ti chiedo invece quale sarà il tuo impegno per favorire una appartenenza rigenerata al nostro territorio, quanta passione ci hai messo fino ad oggi e quanta ne metterai per creare coesione, quanta attenzione avrai per valorizzare le risorse umane che  le nostra comunità hanno  al loro interno (e sono tante), quanta attenzione avrai alle nuove generazioni per aiutarle a capire la bellezza del nostro ambiente e le attese di partecipazione, entusiasmo, impegno  che le comunità   pongono su di loro, quanta disponibilità c’è nel dare spazi reali di responsabilità.

Perché sono convinto che solo quando questi sentimenti ritorneranno  nella vita dei giudicariesi  sarà molto più facile fare le opere; la strada della Rendena  diventerà realtà, le gallerie di Ponte Arche, e Pieve di Bono non avranno bisogno di tempi biblici, la busa di Tione potrà capire la propria vocazione prima che sia  completamente distrutto ambiente e paesaggio, l’Alto Chiese potrà ritornare a coltivare nuove forme di turismo (dato che madre natura è stata abbondante).

Ma anche tu, anch’io semplice cittadino, non possiamo chiamarci fuori da questa fase, perché il rischio è che per due mesi si faccia tanto chiasso per poi ritrovarsi senza  rappresentanti  e lamentarsi  che qui non succede nulla, senza capire che non succede nulla perché non si vuole non perché non si può.