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Il Soccorso alpino si riaffida ad Alimonta |
Scritto da Alberta Voltolini |
Lunedì 06 Maggio 2013 07:36 |
Era già stato presidente una prima volta tra il 2001 e il 2004 caratterizzando il proprio mandato con l’introduzione di diverse innovazioni, nel periodo in cui si definì il passaggio definitivo del Soccorso alpino e speleologico del Trentino dal controllo della Sat a realtà autonoma con propria personalità giuridica e stretto legame con la Protezione civile provinciale. Parliamo di Adriano Alimonta, guida alpina di Madonna di Campiglio, persona determinate e, come lui stesso si definisce, “un po’ sopra le righe” perché dice sempre quello che pensa, senza tanti giri di parole. Lo scorso mese di marzo è stato votato dai responsabili di zona, dai capistazione e dai vice delle singole sezioni riuniti in assemblea per eleggere il nuovo presidente che rimarrà in carica per i prossimi tre anni. Da un giudicariese – Roberto Bolza – che, durante l’assemblea, ha ritirato la propria candidatura dopo la seconda votazione, ad un altro giudicariese – Adriano Alimonta, appunto – responsabile dell’Adamello-Brenta, la sezione di zona che unisce tutte e sette le stazioni di soccorso alpino delle Giudicarie e Molveno. “Mi hanno votato – spiega Alimonta – perché c’è voglia di cambiamento, di aggiornare il soccorso alpino all’attualità”. Quali sono le peculiarità del Soccorso alpino oggi e qual è il ruolo del volontariato? “È un servizio pubblico – spiega Alimonta – organizzato su base volontaria e con tanti volontari pronti ad esserci. Questa doppia componente, servizio pubblico, ma garantito da volontari, può talvolta generare delle ambiguità. Per questo motivo credo vada iniziato un percorso con la comunità tutta del Trentino e con i suoi rappresentanti, dell’amministrazione e della politica, affinché questo servizio sia riformato. Mi spiego meglio: occorre iniziare un cammino per rispondere in modo maggiormente adeguato alle necessità della gente e di chi frequenta la montagna oggi, introducendo nuovi servizi, ma rivedendo anche l’articolazione territoriale delle stazioni. Se fino a ieri la struttura così organizzata ha funzionato, deve però essere garantito che il servizio sia fornito in modo omogeneo su tutto il territorio. Non ci devono essere trenta e più modi, quante sono le stazioni, di impostare l’organizzazione. Le linee guida e le modalità operative sono uguali per tutti. L’attività del Soccorso è volontariato, qualificato, ma volontariato, che non c’entra nulla con il professionismo”. La sezione Adamello-Brenta è quindi un modello delle novità organizzative che vorrebbe proporre? “Sicuramente – prosegue in neopresidente – le Giudicarie sono state un precursore di questa linea. A conclusione di un percorso che è durato dieci anni, le stazioni sono rimaste numericamente quelle di prima, ma operano in totale sinergia operativa e anche economico-amministrativa, abbiamo cioè un solo bilancio. Questa esperienza va presa d’esempio, superando le divisioni e le difficoltà dei campanili. A guidarci nelle scelte deve essere il servizio che diamo alla gente; l’obiettivo è l’operatività. Un piccolo esempio: avendo un unico coordinamento, possiamo spostare i mezzi a seconda della stagione e dei posti dove maggiori potrebbero essere le richieste d’aiuto. Direi che, partendo da un’attualità difficile per tutti, occorre mettersi prima nei panni di chi potrebbe avere bisogno di noi, poi introdurre nuovi servizi, come potrebbero essere presidi, per esempio, fissi con soccorritori stagionali (tre anni fa all’elisoccorritore è stato affiancato anche il soccorritore di montagna) per rispondere ai tempi e ai modi che la gente richiede”. Qualche altro dettaglio sul suo programma di rinnovamenti? “In questo primo mese e mezzo di lavoro sono stati fatti passi importanti nel coinvolgimento della parte amministrativa e politica, ma ci vorrà tempo perché ci sono tante sfaccettature da tenere presenti ed occorre la disponibilità di tutti. Insieme possiamo dare vita a un modello operativo e amministrativo più attuale. Occorre anche far ordine in un’area grigia che esiste tra il Soccorso alpino ed altri corpi come i Vigili Volontari del Fuoco, stabilendo la titolarità delle operazioni di soccorso in base alle competenze di ciascuno. Fondamentale sarà riuscire a valorizzare la specificità del soccorritore in montagna che è quella di essere in grado di effettuare operazioni di salvataggio, indipendentemente dalla quota, in ambiti, quali le forre e le cascate di ghiaccio, dove altri, per preparazione, difficilmente lavorerebbero allo stesso modo. Ad oggi il Soccorso alpino del Trentino viene consegnato in un modo che funziona, ma che va aggiornato, rivisitando il servizio dato e l’organizzazione territoriale, inserendo alcuni correttivi anche nell’organizzazione interna e nelle logiche operative esterne. Si tratta di aggiornare perché l’attualità va avanti, ma le carte e la burocrazia rimangono indietro”. Gli incidenti in montagna sembrano avvenire sempre con più frequenza. È solo un’impressione che aumentino? Gli escursionisti sono sufficientemente preparati? “Prima di tutto c’è da dire che una volta la gente che doveva affrontare qualche problema non grave in montagna lo risolveva da sola, mentre ora conosce bene l’esistenza del Soccorso alpino e lo chiama in aiuto. Inoltre, il numero di persone che fa attività sportiva è cresciuto e si sono diffusi sport nuovi come la mountain bike, il base jumping, il parapendio, lo sci fuoripista e lo stesso sci alpinismo che una volta era praticato solo nei mesi di marzo e aprile, oggi in tutto l’arco dell’inverno. Aggiungo anche che in montagna non esiste più stagionalità, è usufruita 365 giorni all’anno. È quindi salito il numero assoluto di persone che la frequentano e, di conseguenza, il numero degli incidenti. Anche l’accettazione del pericolo è cambiata. I materiali innovativi di cui gli sportivi dispongono sono di alto livello, aumentano decisamente la velocità negli spostamenti e fanno sentire le persone più sicure perché meglio attrezzate. Un aspetto negativo, però, è che in questo modo c’è meno tempo per assimilare la cultura e i pericoli oggettivi della montagna, senza contare che per affrontarla con una certa sicurezza non ci vogliono solo i materiali, ma anche la preparazione fisica”.
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