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Una mini-riforma per i comuni trentini |
Scritto da Enzo Ballardini |
Martedì 02 Aprile 2013 21:54 |
In tempi difficili per l’economia, la classe politica è stata obbligata ad introdurre riforme economiche ed istituzionali, spinta da un opinione pubblica sempre più critica nei suoi confronti e da una situazione finanziaria sull’orlo del fallimento. Il Presidente del Consiglio Mario Monti è stato sostenuto, obtorto collo, per un anno da una maggioranza allargata che comprende centro destra e centro sinistra, proprio con questo compito. La politica della cosiddetta spending review si è allargata dallo Stato alle Amministrazioni regionali, provinciali e locali. Purtroppo non sempre i risultati sono stati all’altezza delle aspettative. Con l’obiettivo di tagliare spese e razionalizzare servizi ed istituzioni, le Regioni e le Provincie hanno approvato leggi di riforma in questo senso. Ma come sempre accade, se sono chiari, soprattutto all’opinione pubblica, gli obiettivi, i mezzi per raggiungerli vengono stabiliti ancora dai politici e allora le cose si complicano. Succede quindi che i risparmi si fanno fare prima agli altri e proprio quando non è più evitabile anche a se stessi, ma con la massima cautela. Anche la nostra Regione, per cercare di dimostrare la propria attività, ha voluto cimentarsi con il taglio dei costi relativi agli Amministratori comunali. Ne è uscita una legge, la n. 1 del 2013 che definire “di facciata” è un complimento. E’ ben vero che la Regione non poteva interessarsi alla Riforma istituzionale, di competenza della Provincia, e quindi ha dovuto limitarsi all’aspetto dell’ordinamento, ma ugualmente i risultati ottenuti dalla legge sono modestissimi. L’obiettivo delle precedenti riforme dei Comuni, risalenti a sette/otto anni fa, era rivolto ad una forte rivalutazione della partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, attraverso un ruolo decisamente rafforzato del Consiglio comunale, con maggiore coinvolgimento e confronto. Il Consiglio Comunale doveva ridiventare luogo di dibattito vero, dove le minoranze e la maggioranza potevano discutere e condizionare profondamente l’attività amministrativa dell’intera comunità. Non so se questo ambizioso obiettivo sia stato raggiunto, ma sicuramente la nuova legge da questo punto di vista sembra andare in controtendenza. Con l’obiettivo di risparmiare vengono diminuiti i componenti dei Consigli Comunali. Da quindici vengono ridotti a 12 per i Comuni fino a 1.000. abitanti, nulla cambia per i comuni da 1.000 a 3.000 abitanti che rimangono con 15 Consiglieri, mentre i Comuni maggiori di 3.000 i Consiglieri vengono ridotti da 20 a 18. In totale nei Comuni delle Giudicarie abbiamo una diminuzione di una settantina di Consiglieri da 600 a 513. La composizione delle Giunte comunali varia con una diminuzione di due Assessori e quindi sarà composta di tre componenti al posto di cinque nei Comuni fino a 1000 abitanti. Anche qui avremo una diminuzione di circa 80 Assessori passando da 200 a 120. Inoltre la legge prevede una diminuzione delle indennità mediamente del 7%. Il sistema elettorale di elezione diretta del Sindaco con liste nettamente contrapposte, non è stato minimamente modificato nonostante siano pervenute da più parti criticità legate ad una litigiosità esasperata soprattutto nei piccoli Comuni. Questo sistema introdotto dal 1995 ad oltre 18 anni di distanza mostra tutti i suoi limiti che richiedevano un’approfondita riflessione ed un deciso cambiamento. Il ritorno ad un sistema che evitasse di esasperare le contrapposizioni, magari eliminando l’elezione diretta del Sindaco e concentrando la scelta più sulle persone che sulle liste, avrebbe sicuramente favorito un miglior clima all’interno dei nostri Comuni. La crisi che stiamo attraversando richiede che per i prossimi anni ci si debba concentrare più che su aspetti di facciata come quello affrontato con la recente legge regionale, su provvedimenti molto più incisivi rispetto all’organizzazione dei Comuni affrontando con decisione la questione delle collaborazioni e fusioni sovracomunali. Il Consiglio regionale ha voluto dare un segnale, riducendo i costi relativi agli amministratori locali, ma non vorremmo che questo provvedimento serva solo per lavarsi la coscienza davanti ad un opinione pubblica sempre più critica. Costi ben maggiori e molte volte non giustificati vengono sostenuti per il i compensi ai Consiglieri provinciali e per il funzionamento dei Consigli Regionale e Provinciale. Era da li che bisognava iniziare se si voleva dare un segnale serio e concreto nei confronti dei cittadini che si trovano ad affrontare una crisi economica sempre più grave. Vedremo se nelle prossime settimane i politici provinciali riusciranno, con la pressione dell’opinione pubblica e con l’approssimarsi delle elezioni provinciali di ottobre, ad approvare una riforma che riesca a tagliare le loro indennità, come segno di moralità pubblica nei confronti di una situazione economica che richiede sacrifici a tutti a partire da loro.
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