Home Politica Giuseppe Bonenti: “I sindaci devono credere di più nella Comunità”

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Scritto da Administrator   
Domenica 06 Gennaio 2013 16:01

Continua il dibattito sulla Comunità di Valle lanciato dal Giornale delle Giudicarie. Ente astratto, per alcuni, che la vedono come continuazione del vecchio Comprensorio con altro nome e nulla più; attore cardine del futuro assetto del sistema trentino, come la vede la Provincia, nel quale assetto spetterà proprio alla Comunità il raccordo con i comuni per gestire assieme i principali servizi e ridurre progressivamente  i costi della pubblica amministrazione. 

In questo delicato equilibrio che si sta cercando dopo la costituzione del nuovo ente ormai due anni orsono, un ruolo centrale lo svolge la Conferenza dei sindaci, un’istituzione che rappresenta di fatto le amministrazioni locali in seno alla Comunità e porta avanti il filo della collaborazione e della progettualità sul territorio già presente al tempo del vecchio C8. Presidente è Giuseppe Bonenti, primo cittadino di Bondo. A metà dicembre, con una lettera ai colleghi giudicariesi, ha richiamato i sindaci a credere maggiormente nell’Ente comunità, superando un “dualismo” tra Conferenza e Assemblea di Comunità.

Bonenti, perché questa lettera?

Nel corso di questi anni di lavoro all’interno della Conferenza dei sindaci credo si sia lavorato bene su tante tematiche, con un buon livello di unità e collaborazione. Ora però ci troviamo in un momento cruciale per quanto riguarda la costruzione di una solida Comunità di Valle, un momento che ha coinciso con la discussione sull’associazione dei servizi e qui da parte di alcuni sindaci c’è stato qualche distinguo, con una certa resistenza nei confronti della proposta operativa della provincia in quanto a tempi e modalità. Proprio in questo momento ci vorrebbe maggiore unità e determinazione dei sindaci.

Su cosa erano incentrate le maggiori perplessità dei suoi colleghi?

I timori sollevati sono i più vari, dalla tempistica compressa, alla necessità di aprirsi alla gestione comune ma soprattutto, ritengo, la motivazione maggiore è la mancanza della voglia di fare un atto di fiducia nei confronti della Comunità. E’ nato così un documento firmato da molti sindaci delle Giudicarie e indirizzato all’Assessore Gilmozzi e alla presidente Ballardini con una serie di rimostranze sul “come” è stata impostata la questione delle gestioni associate.  Io ho ritenuto di non firmarlo perché in primis alcuni passaggi erano già stati superati e poi in esso traspariva la voglia di alcuni sindaci di pervenire ad un assetto con quattro comunità separate (Busa, Rendena, Chiese, Esteriori), il che ritengo farebbe perdere la visione complessiva del territorio che volevamo portare avanti. Penso che la gestione associata di alcuni servizi non rappresenti - come da alcuni paventato - un attacco all’autonomia del singolo comune, ma piuttosto la possibilità di attuare una razionalizzazione delle risorse a garanzia di un necessario contenimento dei costi mantenendo comunque la titolarità delle funzioni.

Cosa ne pensa dei cosiddetti sindaci “ribelli” che si sono ritrovati a Ravina per contestare le modalità di attuazione delle gestioni associate?

Mah, per certi versi può aver rappresentato anche un momento di ragionamento sulla riforma che si sta concretizzando e dare indicazioni e stimoli per migliorarne l’applicazione. Ma è un ragionamento che va fatto per andare avanti. Se la riunione di Ravina fosse invece stata fatta nell’ottica di posticipare l’applicazione della riforma, richiedendo continue deroghe, credo che non sia utile per nessuno. Un ragionamento di continuo rinvio si poteva fare alcuni anni fa, quando c’erano più risorse economiche; ora non ci sono e il sistema non è più sostenibile, il quadro finanziario è molto cambiato. E’ lecito chiedersi se il percorso intrapreso sia giusto, ma non certo pensando di far passare il tempo senza fare niente.  Pensiamo anche che il confronto con altre realtà inizia a pesare e dà il destro alle altre regioni di attaccare l’autonomia.

Nella sua lettera ha anche richiamato i colleghi sindaci a credere maggiormente nella Comunità di valle e al rispetto dei ruoli istituzionali. Perché?

La conferenza dei sindaci è un organo molto importante, perché valorizza la componenti “amministrativa” del territorio con annesse problematiche ed esperienze e perché, si occupa di decisioni significative che toccano i comuni. Detto questo la Conferenza dei Sindaci deve porsi come interlocutore alla pari con l’Assemblea della Comunità (organo elettivo) e la Giunta, in un rapporto che deve essere maggiormente improntato alla fiducia reciproca. L’ inutile dualismo che a tratti si è venuto a creare tra Comuni e Comunità di Valle oltre che favorire il mantenimento dello status quo Provinciale ed indebolire ulteriormente la già minata credibilità delle istituzioni, rischia di essere da intralcio per la creazione di linee programmatiche comuni in grado di far crescere il nostro territorio. Non serve davvero a nessuno.

Anche perché, diciamolo, il percorso della Comunità è già abbastanza in salita di per sé.

Certamente, è logico sia così perché si tratta di un ente appena nato e si trova a muovere i primi passi in una situazione radicalmente diversa a livello economico e sociale di quella in cui fu concepito nel 2006 attraverso la riforma. Ciò ha comportato dei correttivi in corsa, non facili da attuare. In più va sottolineata la differenza tra la nostra comunità di 39 comuni rispetto a comunità più piccole: quando però si è cercata la sintesi si è trovato modo di farla. Sul discorso servizi è più difficile, ma credo che una logica possa maturare. E’ chiaro che si tratta di una logica più complessa, vanno trovati equilibri sui costi e sul personale.

 

Quali sono ora i prossimi passi per la Comunità e per la Conferenza dei sindaci?

Al ritorno delle Feste, ripartiamo certamente dal cronoprogramma che dobbiamo mettere in campo sulle prossime cose da fare per far partire le gestioni associate: la prima scadenza per la partenza delle gestioni associate era il 31 dicembre ora è il 31 giugno 2013. Ma dobbiamo uscire dalla logica della obbligatorietà, dobbiamo sentirci responsabili di intraprendere volontariamente un percorso di questo tipo. Un ragionamento sul “mettere insieme” va fatto, anche fra comuni e i primi che dovrebbero mettersi in gioco sono gli amministratori