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Che il Dio dei Maya ci accolga misericordioso! |
Scritto da Il Saltaro |
Venerdì 03 Febbraio 2012 10:57 |
L’anno bisestile porta jella e scombussola gli animi e le viscere della gente. Lo conferma la storia che ha visto nel tempo le più grandi sventure realizzarsi appunto nell’anno bisesto. E’ di questo che sta discutendo la conventicola dei saggi giudicariesi radunatasi, per l’occasione, nella vecchia cucina dell’Abele e della moglie Teresa spiritata, con tutti quegli ospiti le verrebbe voglia d’andarsene e mandarli a quel paese. E’ stato l’Abele a voler convocare gli amici che da tempo si sentono trascurati dal Saltaro delle Giudicarie, loro amico e sodale che da quando è salito di grado, sempre più su nell’empireo che conta, di loro non ne vuol più sapere. Vuole cambiare mestiere, vuol dedicarsi ad altro. I tempi sono cambiati, ormai a comandare è la grande finanza e i grandi finanzieri, così la politica, sospesa sulla terra, è stata spostata in cielo per una opportuna revisione e il Saltaro, senza politica, si trova a disagio. Attorno al tavolo della fumosa cucina, cullati dal sacro tepore odoroso di un pentolone che ribolle, siedono gli uomini di sempre con la loro esperienza secolare, l’acume del nobile lignaggio, il buon senso degli uomini di monte, la lingua maledetta di chi le cose che sa, vuol palesarle al mondo intero, belle o brutte che siano: l’Archimede, il saggio; l’Orsolina, la pettegola; il vecchio Genesio che dell’Abele ne è il probabile genitore e l’Osvaldo Caccola che del gruppo è il più dotato di senso pratico e di cinico realismo. L’Orsolina è fuori di sè perchè ci crede, i Maya, antico popolo messicano, hanno previsto per il prossimo 21 dicembre la fine del mondo, in un anno per di più bisesto, sarà una gran brutta fine. Anno bisesto o normale, cambierà ben poco, ma non son cose da dire, né tanto meno da credere, son cose più per i ‘semplizoni’ che per gente dabbene, è il pensiero dell’Osvaldo Caccola che non ha voglia di perdere tempo in scempiaggini del genere. S’inalbera l’Orsolina che non si sente ‘semplizona’ per niente, lei ci crede e milioni di persone nel mondo ci credono come lei, c’è persino chi pensa al suicidio, chi sta vendendo ogni cosa per portarsi l’oro nell’aldilà, sperano di comprarsi il paradiso, lei aspetta ed accetta così com’è, perchè quando saranno tutti all’altro mondo, finalmente saranno tutti eguali. Al Genesio non gliene frega niente, lui ha già i suoi novantanni di gloria alle spalle, se dovrà morire con tutto il mondo, ne sarà lieto, se non altro sarà in numerosa compagnia. “Ma guarda che discorsi!, cerca di metter ordine l’Abele, con tutte le rogne che abbiamo, la crisi, l’autonomia che traballa, la gente che perde il posto, noi perdiamo tempo in chiacchiere che non stanno né in cielo, né in terra, per dio, torniamo a cose più serie!” “ Quali cose serie, c’è qualcosa di serio oggi sotto il sole?, interviene l’Archimede, forse il presidente Monti, ecco, quello è serio, ma in torno a lui c’è tutto da ridere. A cominciare dalla Lega Nord che si riscopre all’opposizione dopo aver gozzovigliato nei palazzi di Roma, ladrona, per un sacco d’anni ritrovandosi a meraviglia, tanto da accumulare ricchezze da esportare in Tanzania, orpo, che fighi, quelli sì, sanno come gira il mondo! Adesso il loro problema è dove candidare il Trota, figlio del Bossi, al Parlamento o in Europa, io spero che mandino a Roma, l’Italia ha bisogno del suo acume e della sua intelligenza, per i resto fanno ridere anche i polli con le solite bossianate che ormai hanno stufato”. “Neanche ce l’hanno più duro, dice, interessata, l’Orsolina, ormai sono flosci ed intrippati, rompono e sfasciano dove possono, hanno ritrovato il loro mestiere.” Ma il Caccola, impertinente, vuole aggiungere: “Però con la storia della Comunità e con il referendum per la loro abolizione, l’hanno indovinata...quelli vincono di sicuro, stanno mettendo insieme un gran casino e alla fine la gente darà loro ragione.” “Per forza, su queste benedette Comunità di valle nessuno parla chiaro, erano state volute per ridimensionare la Provincia e scardinare quel melmone di burocrati che ci complica la vita a nostre spese, mantenendo saldi e solidi i nostri paesi che sono testimoni della nostra identità, e, invece, cosa sta succedendo, per Dio, la Provincia rimane così com’è ed i Comuni stanno perdendo le braghe, mutande comprese, li stanno obbligando a sparire...” “Non lo permetteremo mai, i nostri piccoli paesi, sparsi sulla montagna, sono i presidi della nostra montagna, i presepi delle nostre famiglie, chi oserà toccarli?”, l’Osvaldo Caccola pretende l’applauso perchè parole tanto solenni mai sono state spese attorno ad un tavolo di cucina. La Teresa lo guardò esterrefatta, con quell’Osvaldo, quasi, quasi, se non fosse che l’Abele è sempre in guardia, quel ragionamento l’avrebbe riascoltato, per capirlo nel profondo, chissà! Il Genesio, però non é d’accordo: “Lasciatemelo dire, i nostri Comuni sono tanti, sono troppi, costano e servono a poco, ormai le distanze non contano più, la gente si mischia di continuo, le associazioni sono tutte di più paesi assieme, i parroci si dividono su zone ampie, bei tempi quelli del Fascismo, c’erano pochi Comuni e quattro Podestà, e tutto funzionava molto meglio... poi, subito dopo la guerra, abbiamo voluto tornare a dividerci e adesso siamo nei guai...” “Ha ragione il Genesio, sono d’accordo...” dice l’Orsolina, schierata. “Il problema sta nella poca chiarezza...in questi giorni se ne son dette di cotte e di crude sulla Comunità, su cosa sia, su cosa dovrebbe essere, il bello è che ha parlarne è tutta gente che ne sa poco o niente, però sono studiati e credono di insegnarci il catechismo, a noi, che ci arrangiamo fin dai tempi di Maria Teresa, poveri tapini, son finiti i tempi che con quattro parole ben dette, ci prendevano in giro...” conclude alla sua maniera l’Osvaldo. “Mah! Non credere, non è così, da Trento ci comandano più che mai, e guai a sgarrare, ci mandano i loro proconsoli, ci dicono cosa fare, chi votare, dove pisciare, dove andare, come morire...ti sembra che ci rispettino? A me non sembra proprio!” dice sconsolato l’Abele che fino ad allora non aveva aperto bocca. “Ma come? Abbiamo perso le lodroniche palle? Ci siamo tutti rincoglioniti?” urla al limite dell’insania l’Osvaldo, l’indomito. “Eh...i soldi, i soldi corrodono gli animi, da Trento, con quattro lire, tengono in scacco sindaci, imprenditori, albergatori, artigiani, contadini...tutti alla greppia, il principe comanda e i servi della gleba obbediscono, sono i corsi e i ricorsi della storia, la nostra è una storia di principi, magari illuminati, ma arroganti e padroni delle terre e delle persone, solo sussulti antichi ci riabilitano per poco, la guerra delle noci, il dazio di Tempesta, e poco altro, per il resto abbiamo sempre obbedito, ma mai come in questo periodo, purtroppo, siamo imbrigliati in una rete melmosa d’interessi, di affari, di compiacenze, che stanno distruggendo il nostro convivere civile...”. L’Archimede sembra sprofondare in una penosa tristezza, s’allarmano gli amici, se quello che ha detto è vero, il Trentino e le Giudicarie sono davvero alla fine! Questo è il pensiero comune. “Qui bisogna riscoprire gli attributi, tirate fuori le palle, uomini conigli, ammesso che ancora le abbiate...!” scoppia inesorabile l’Orsolina. “Ma che si può fare?” chiede l’Abele, disarmato. “Per Dio, ha ragione l’Orsolina, ribelliamoci, prendiamo i forconi, mettiamoci anche qualch emotosega, e caliamo su Trento, li faremo a pezzi quei quattro padroni da strapazzo, li stritoleremo, io mi preparo l’elenco di quelli da infilzare per primi, poi faremo il resto, siamo stufi di soprusi, privilegi, faccendieri, e leccaculi, torniamo ad essere i Giudicariesi di una volta per Dio!” L’Osvaldo Caccola non sta più nelle braghe di corame e vuol subito mettersi in marcia: “Lascia stare, amico mio, non torneranno più i Giudicariesi di una volta, credimi, ci hanno disfatto dentro, nell’anima, nei sentimenti, siamo tutti impantanati, paurosi di perdere qualcosa, nessuno ci metterà la faccia, siamo ormai piagati dentro, proni ad ogni padrone, povera la nostra terra, poveri i nostri figli...” Ormai l’Archimede è sul punto di piangere, e tocca all’Orsolina la conclusione di questa nobile discussione: “ Se le cose stanno così, allora è meglio che si avveri la profezia dei Maya, che il 21 dicembre il mondo salti per aria, che ci sia la fine di tutto, è l’unico modo per ricominciare, se qualcuno sopravviverà, potrà, se non altro, tornare a guardarsi nello specchio e respirare aria libera e pulita. Che il Dio dei Maya, ci accolga, misericordioso!”
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