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Scritto da Administrator |
Venerdì 07 Ottobre 2011 04:02 |
E l’edilizia giudicariese come sta? Lo abbiamo chiesto a narciso Marini, presidente della locale sezione dell’Associazioni artigiani che raggruppa in sé gran parte delle ditte edili locali, per la stragrande maggioranza di piccole dimensioni.
E’ questo il problema Marini, quello delle piccole dimensioni delle ditte trentine, come ha avuto modo di dire Olivi? E’ certo una parte della “questione edilizia”. Certamente una ditta di grandi dimensioni ha strumenti e massa critica per saper affrontare ed assorbire situazioni di mercato e contingenze finanziarie. Certo però, è difficile che una grossa ditta possa localizzarsi nelle nostre valli. Solitamente lo fanno vicino alle grandi infrastrutture, vedi A22, dunque sull’asta dell’Adige, in Vallagarina. E’ una parte del problema, ma da un certo punto di vista rappresenta una ricchezza, una risorsa, che le piccole imprese sanno esprimere sul territorio. E allora da dove derivano le difficoltà delle nostre imprese? La crisi certamente ha innescato un percorso perverso. Le banche hanno sempre meno fiducia delle aziende e anche dei privati e concedono sempre più difficilmente prestiti, a prezzo di grandi garanzie. Abbiamo letto nei giorni scorsi che solo un giovane su 5 riesce a farsi concedere un prestito di max 170.000 euro. A questa stregua come fa una giovane coppia a comprarsi casa? Poi ci sono altre questioni. Tipo? Una questione burocratica e urbanistica. Penso ai centri storici, ad esempio. La Provincia e i comuni tutelano il territorio contenendo la metratura attraverso i Prg, dunque occorre agire laddove quella metratura già esiste. Purtroppo nessuno investe più nei centri storici: troppe limitazioni urbanistiche per la ristrutturazione, lunghezze burocratiche per edifici con tanti proprietari ecc.. D’altra parte poi c’è la questione appalti. Recentemente avete chiesto più “salvaguardia” per le ditte trentine. Ormai gli appalti stanno diventando un terno al lotto. Cinquanta o più offerte presenti per bandi anche contenuti e nei mesi scorsi si sono visti ribassi fino al 49%, poi con l’offerta economicamente vantaggiosa stiamo assistendo al classico tira e molla dei ribassi del 17-18% “sperando” nei millesimi. Non è che vogliamo trattamenti di favore che vadano contro la legge, ci mancherebbe. Chiediamo solo considerazione da parte dell’ente pubblico, tenendo presente che una ditta locale è una risorsa per il territorio. E allora ad esempio chiediamo semplicemente ai comuni di limitare gli appalti sotto i 500mila euro a 5 o 10 ditte ad invito, visto che la legge lo consente. E allora perché non avviene così? Molto spesso è per non conoscenza di questi strumenti, oppure perché perché gli amministratori nella predisposizione di appalti si lasciano guidare dai tecnici comunali che tendono ad applicare la legge nel senso più estensivo, dunque nel senso di massima concorrenza espresso dalla Unione europea. Che cosa occorre, allora? Dobbiamo ricercare un momento di confronto con i comuni, e per questo come Artigiani giudicariesi stiamo pensando ad una serata organizzata per novembre anche con la comunità di valle in cui parlare attentamente e in modo diretto di queste problematiche e opportunità. Com’è la situazione in Giudicarie? Per quanto riguarda le piccole ditte il lavoro ancora c’è, per fortuna. Poi ci sono tante difficoltà nel farsi pagare, nel gestire la contabilità con le banche sempre più esigenti. Ma le vere difficoltà, se nulla si sblocca, le vedremo da marzo 2012. Cosa chiedete al pubblico? Alla Provincia attenzione. Abbiamo visto l’idea di piano speciale per l’edilizia e potrebbe essere un passaggio importante al quale ci auguriamo che venga dato seguito concreto. Quello che chiediamo è uniformità nella distribuzione della commesse pubbliche sul territorio Trentino (magari in proporzione agli abitanti) per realizzare davvero quell’edilizia a “km 0” di cui si parla spesso. Poi agli enti locali e alla Pat stessa, chiediamo quell’attenzione alla valorizzazione delle ditte trentine negli appalti che attualmente manca. (r.b.)
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