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Foto 2010
Scritto da r.b. |
Venerdì 07 Ottobre 2011 05:01 |
Tempi duri per il settore edile. Se a fine 2010 c’era chi scommetteva nella ripresa sulla scia del manifatturiero che recuperava punti dopo il “rosso” della crisi, ora sono tutti concordi; il comparto è in grossa difficoltà. Dire che si tratta dell’onda lunga della prima vera crisi economica - quella americana dei subprime che guarda caso aveva ad oggetto principalmente i mutui-casa e che ha portato negli Usa ad una vera ecatombe immobiliare – sembra scontato, ma in realtà è proprio così. La situazione perdura infatti da fine 2007 ad oggi in Italia, e da circa un anno e mezzo in Trentino, parzialmente “salvato” dalla manovra anticongiunturale della Provincia, quelle risorse fresche immesse nel mercato nell’estate 2009 con una serie di opere pubbliche appaltate dai comuni trentini. I dati sono lampanti: in questi quattro anni di crisi in Trentino 252 ditte artigiane del settore edile hanno chiuso l’attività e 1.148 lavoratori sono rimasti a casa. E’chiara la preoccupazione, come ha sottolineato il presidente dell’Associazione artigiani Roberto De Laurentis “Gli imprenditori edili chiedono alla politica maggiore senso di responsabilità e di appartenenza, con l’applicazione di meccanismi in grado di favorire le imprese trentine”. A livello nazionale lo scenario è ancora peggiore, con circa 300mila posti di lavoro bruciati da inizio crisi (secondo i dati dell’Ance), mentre a giugno di quest’anno si contava in tutta Italia un calo dell’8% su base annua di assunti in imprese edili. C’è poi il tasto dolente – che riguarda meno la Provincia di Trento - dei ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, tanto che l’Ance (associazione nazionale costruttori edili) ha ventilato un accordo con Cassa depositi e prestiti per anticipare parte delle somme e fare “respirare” le aziende. I motivi di una crisi. Ma – Stati Uniti a parte - quali sono i motivi della crisi? Quattro in particolare: 1) In primis, per quanto riguarda la situazione generale, gli effetti della crisi internazionale, che ha depresso i consumi dei beni mettendo in difficoltà il manifatturiero (che però adesso è in ripresa) e che ha causato una spirale perversa nel mondo del credito, rendendo sempre più difficile la cessione di fiducia da parte degli istituti bancari nei confronti delle ditte (e in edilizia si sa quanto questo sia importante) e dei privati, che faticano sempre di più per ottenere il mutuo necessario per l’acquisto-costruzione di una casa. Nella fattispecie il settore edile è uno dei più legati a doppia mandata all’accesso al credito; 2) venendo in dettaglio alla Provincia di Trento, la crisi ha innescato una ricerca spasmodica delle commesse su tutto il territorio nazionale, aprendo il campo all’”aggressione” delle ditte extraprovinciali ai bandi di appalto pubblici con il risultato di creare una folle corsa al “massimo ribasso”, con delle cifre mai viste negli anni precedenti, fino al -40%; 3) a questo si aggiunga la situazione peculiare delle ditte trentine, tutte di dimensioni piccole o medie, dunque in difficoltà rispetto ai colossi veneti o lombardi nel momento di formulare offerte su appalti di grosse dimensioni. Recentemente, proprio l’assessore provinciale Alessandro Olivi, ha auspicato la creazione da realizzarsi attraverso acquisizioni o fusioni, di aziende sopra i 40 milioni euro di fatturato, che possano farsi valere nelle gare pubbliche, sia a livello provinciale sia fuori provincia. Altrimenti è chiaro che i nostri appalti saranno sempre di più terreno di colonizzazione; 4) alla filosofia delle amministrazioni locali che comprime il rilascio di concessioni edilizie, oltre a leggi (come quella sulle seconde case) che salvaguardano il territorio da una parte, ma dall’altra deprimono le nuove costruzioni oltre al fatto che gli appalti pubblici ormai riguardano quasi esclusivamente opere di grandi dimensioni che escludono la maggior parte delle nostre imprese che sono medio-piccole (5 occupati in media. Possibili soluzioni. Le associazioni di categoria sono tutte concordi: occorrono scelte forti per rilanciare il settore, altrimenti si rischia grosso. Concordi anche sulle misure da adottare: la necessità di puntare, per valorizzare la qualità d’impresa, sul metodo di gara dell’offerta economicamente più vantaggiosa (migliore rapporto fra qualità e prezzo) rispetto a quello del massimo ribasso (prezzo più basso) e una maggiore efficienza dell’Agenzia dei Servizi nello svolgimento delle procedure d’appalto, oltre naturalmente a provvedimenti che stimolino gli investimenti di privati e p.a. |