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Foto 2010
Scritto da Administrator |
Domenica 12 Giugno 2011 20:19 |
Ammonterebbe a circa 1 milione e mezzo di euro l’anno, secondo conti ancora non ufficiali, la cifra dovuta dai gestori delle grandi derivazioni idroelettriche ai comuni giudicariesi per l’imposta comunale sugli immobili, meglio conosciuta come Ici. A rivelarlo è Gianfranco Pederzolli, presidente del Bim del Sarca che – assieme ai comuni – sta portando avanti una “battaglia” per il riconoscimento di questa cifra, che sarebbe dovuta agli enti locali per i fabbricati deputati alla produzione di energia idroelettrica, dighe, turbine, condotte, locali di trasformazione. E che, come sempre nel caso dell’Ici, è retroattiva di 5 anni e dunque esigibile dal 2005. L’appiglio giuridico per questa rivendicazione è la sentenza della Corte costituzionale, che stabilisce appunto l’esigibilità da parte dei comuni dell’Ici sui fabbricati di destinazione idroelettrica. Fin qui tutto bene. Il dubbio ingenerato dalla sentenza è però sulle modalità di calcolo dell’Ici dovuta, e chiaramente qui è scattato il contenzioso fra comuni e gestori idroelettrici (in Trentino Idrodolomiti, subentrato a Enel) poco propensi a dissanguarsi con questo “nuovo” balzello sinora non corrisposto. Per questo è entrato di scena il Catasto, depositario delle questioni legate ai beni immobili, che ora deve determinare la formula di calcolo dell’Ici su dighe e tubature, inserendo nella valutazione diversi parametri tra cui le dimensioni, ovviamente, il valore degli immobili, la quantità di calcestruzzi (riferita alle dighe in particolare) ecc. ecc. Da parte sua il Bim del Sarca ha portato avanti nei mesi scorsi un piano di monitoraggio dei manufatti a scopo idroelettrico presenti sul territorio di ogni singolo comune del proprio bacino, una verifica fatta in sinergia col Catasto e poi “passata” ai comuni, che ora hanno dati certi sui quali proporre le proprie rivendicazioni. Sono poi seguiti incontri con l’assessore provinciale Mauro Gilmozzi, competente in materia, con Idrodolomiti e con il Catasto per conciliare le opposte tesi ed avvicinare le ipotesi di calcolo della tessa dovuta. Dagli ultimi incontri sembra si sia trovato un accordo sulla formula: quantità x prezzo x vetustà, dove quest’ultima sta ad indicare la “vecchiaia” del manufatto, che il gestore valuta evidentemente come un fattore di svalutazione della tassa in sé. La posizione del Bim è quella di perseguire la determinazione del giusto valore dei manufatti, sui quali poi applicare l’Ici. Dal punto di vista della distribuzione fra comuni, si cercherà di seguire una via “perequativa” cercando di distribuire un po’ a tutti (naturalmente sempre proporzionalmente ai manufatti effettivamente ospitati sul proprio territorio) dando spazio nel calcolo generale anche alle condotte (anche sotterranee) e non solo alle grandi costruzioni come le dighe, che, comunque, ovvviamente manterranno una forte preminenza sul totale. |