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Il pane dalle sette croste
Scritto da Marco Zulberti   
Sabato 05 Febbraio 2011 22:29

I recenti tumulti nelle città algerine per il prezzo dei prodotti alimentari stanno riportando alla luce problematiche antiche come i tumulti con le rivolte sociali capeggiate dai Gracchi al tempo di Roma repubblicana del II secolo e durante la rivoluzione francese nel 1789. Pochi avrebbero immaginato che nei secoli delle democrazie avanzate e nell’epoca industriale e tecnologica, sarebbe riemerso lo spettro della fame in nazioni ricche di risorse energetiche come l’Algeria, che è uno dei  principali paesi produttori di gas naturale.

Le rivolte sono capeggiate dalle giovani generazioni di studenti universitari che ricordano nel loro modo di vestire più i loro coetanei che si rivoltano nelle banlieau parigine, che non alla popolazione malnutrita dell’Eritrea o della Somalia. Ma lo spettro della fame si aggira anche nei paesi occidentali evoluti dove la crisi ha colpito più forte come la Grecia e gli stessi Usa dove i senzatetto sono stimati in quasi due milioni, il 10% circa della popolazione. Cosa sta succedendo? E’ possibile che improvvisamente si formino sacche di povertà che raggiungono questi picchi di disperazione? Quali ne sono i motivi? Abbracciando le tesi provocatorie di Padre Zanotelli espresse qui a Trento oltre dieci anni fa ci si chiede: cosa hanno fatto i vertici della Fao se non acquistare ville con piscina nelle periferie di Roma e nei distretti ricchi di Nairobi? Ci sono luoghi “ultimi” come Korocho e Soweto, ma la stessa Harlem di New York, in cui si muore di fame, che si stanno diffondendo nel mondo. L’origine è paradossalmente dovuta ad una miopia strategica imposta dall’alto dei mercati finanziari, le vere dittature attuali, come le crisi alimentari che si sono verificate nella Cina comunista e nella Korea del Nord comunista, per eccessi nella pianificazione dell’economia.

E da noi nel ricco Trentino nel periodo dell’obesità e della alimentazione caotica possono improvvisamente emergere sacche di povertà alimentare? Redditi di sussistenza, la cassa d’integrazione, la mobilità saranno in grado di assorbire l’onda di crisi più lunga di quelle degli ultimi vent’anni? Negli anni settanta, nell’altra grande crisi una buona percentuale della popolazione trentina delle vallate viveva ancora del reddito agrario e dell’allevamento. Ricordo che negli anni settanta un contadino con quattro vacche, un maiale, alcuni animale da cortile, alcuni campi, un paio di vigne, una lampadina nella stalla e l’altra in cucina, il riscaldamento a legna, era considerato un benestante anche se aveva solo cento lire da spendere al bar per un bicchiere di acqua-vino alla sagra o per il tabacco da cartine. Non c’era la finanza che controllava ogni centesimo, tutto era in nero, e nemmeno le mille regole igieniche che poi hanno soppresso le stalle e i macelli. Ma non era una vita di fame. La crisi degli anni Settanta non toccò queste categorie di nonni e zii che hanno abbandonato da pochi anni la zappa, e fu superata proprio grazie a questo sostrato di popolazione che estraeva reddito “diretto”, non contabilizzato dai noiosissimi e pedanti accademici, dalla terra. Oggi paradossalmente in cui la sopravvivenza delle stesse stalle e delle cantine vinicole è affidato al reddito e agli strumenti di finanziamento e proprio quel territorio che forniva reddito appare saccheggiato dall’urbanizzazione industriale e commerciale, senza controllo, ci accorgiamo che forse si stava meglio allora, al punto che alcuni studi immobiliari consigliano chi ha liquidità di acquistare grandi appezzamenti di terra rispetto agli immobili residenziali, perché ormai sono diventati rarissimi. Se guardiamo nelle vallate confinanti ci accorgiamo che nella provincia di Bolzano in Sud Tirolo con il maso chiuso, e nel Veneto e in Lombardia, con le stalle e le cantine individuali, dove si producono formaggi come l’Asiago o il Bagoss, il Prosecco o il Lugana, questo modello resiste ancora e fornisce reddito. 

Il Trentino ha bisogno di una forte ondata liberista, di ritiro del controllo amministrativo dalle attività economiche, studiando rapidamente una tassazione agevole per favorire il ripristino di questa cultura produttiva “diretta”, che è vitale come l’humus del sottobosco, e non si può soffocare contabilizzandola fiscalmente. Il pane dalle sette croste era il pane duro che avevano portato con sé i nostri emigranti nei lunghi viaggi sulle navi da Genova portavano a Mar del Plata o Ellis Island, ma aveva il sapore dolce della nuova vita che li attendeva lontani dalla miseria di una incapacità della classe politica ed economica che oggi sembra storicamente ripetersi a livello globale.