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Scritto da Administrator |
Sabato 04 Marzo 2017 23:00 |
Lo stucchevole scontro interno al PD ha veramente stufato, non perché ci sia stato lo scontro, ma perché non si sa su cosa. Un tira e molla incomprensibile dove l’unica cosa che ne esce è che dei problemi veri degli italiani non gliene frega niente a nessuno. Le cause del dissidio non sono chiare fino in fondo: Renzi, ex segretario, dice che si tratta di “ricatti”, la minoranza parla di responsabilità. Valli a capire. Una situazione che, per altro, sta andando avanti da anni, da quando Renzi è andato alla guida del PD e poi del governo. Ed è davvero singolare che proprio Bersani, l’agente neanche troppo segreto dell’ “intelligente” D’Alema, abbia continuato a gridare fino all’ultimo: “Fermati Matteo...” dopo tre, quattro anni di vera e propria guerra politica contro l’ex premier ed ex segretario del PD. Una guerra incomprensibile, fatta di continui rimandi, marce avanti e marce indietro, come in questi ultimi giorni: voglio il congresso, no, il congresso no, le elezioni oggi, domani, o mai più, niente gli va bene di quanto fa il Governo, solo e sempre comunque perché lui e i suoi nostalgici compagni non sopportano Renzi, violando le regole e la civile convivenza dentro un partito fatto di minoranze e di maggioranze le cui decisioni vanno sempre rispettate. A ben vedere tutte le iniziative, le scelte, le proposte di quanti avversano Renzi, sono apparse ispirate ad un unico obiettivo: quello di costringere Renzi alla resa, rendendogli la vita impossibile e rispedirlo a casa. L’unico vero obiettivo dei suoi oppositori, parliamoci chiaro, è quello di “rottamare” il “rottamatore. Così, in un momento storico particolarmente difficile sia sul piano nazionale, sia sul piano internazionale, che richiederebbe da parte della politica un grande sforzo di elaborazione di idee, programmi e progettazione per il futuro, si preferisce concentrarsi in una sterile bega di potere, di poltrone e di rivalsa. Intendiamoci, che in un partito ci si affronti con durezza, non è motivo di scandalo, anzi, potrebbe essere un segno di vitalità, purché lo scontro avvenga sulle idee, sulle scelte da prendere per rendere un miglior servizio al Paese. Ma nello scontro che sta per chiudersi drammaticamente nel PD, non ravviso nulla di ciò. Soltanto l’ansia di far fuori un uomo scomodo per loro...s’intende. Ma questa non è politica. E così si è giunti alla scissione, nonostante gli sforzi e i tentativi per mantenere il Partito unito. Bersani, Rossi, e Speranza hanno annunciato l’uscita dal Partito e già pensano a costituire una nuova forza politica di ex comunisti, forse non del tutto consapevoli che il loro popolo, quello delle bandiere rosse, se n’è andato da tempo e già milita negli sparuti partitini della sinistra estrema. D’Alema, naturalmente, ha ben altro a cui pensare, impegnatissimo com’è a girare il mondo per i suoi impegni culturali e politici: se ne starà fuori a godersi il casino che ha creato al suo odiato ex segretario, ma tutto sommato i fuggitivi, che sembrano calare di giorno in giorno, sono soddisfatti perché sono riusciti a scaricare Michele Emiliano che sembra abbia deciso di non andarsene per restare a creare problemi a Renzi, evitando così di crearne ai compagni che stanno costruendo la nuova casa. Non è la prima volta che avvengono scissioni nella sinistra italiana dopo la scomparsa del PCI, sia nel PDS, DS, Olivo e PD, ogni tanto qualcuno se n’è andato minacciando sfracelli. Ma nessuna scissione ha portato fortuna ai fuggitivi. Guardando agli ultimi 40 anni di litigi interni alla sinistra, si può tranquillamente tirare una conclusione attestata: tutti i rami staccatisi dal tronco principale si sono gradualmente seccati nel tempo e spariti. E questo per due motivi, almeno credo. Il primo è anagrafico: l’invecchiamento sia dei dirigenti scissionisti, sia dei loro elettori, nostalgici di un mondo che non c’è più. Il secondo motivo, invece, riguarda l’offerta politica: al di fuori della pura demagogia nostalgica, nessuno, ma proprio nessuno dei “scissionisti” ha saputo né proporre alle giovani generazioni qualcosa di diverso dal nostalgico welfare sovietico, né formulare soluzioni originali in materia di lavoro, nuova occupazione, di fronte ad una globalizzazione che sta stravolgendo le regole degli ultimi cento anni. Facile predire quindi che ben presto Bersani, D’Alema, a braccetto con Vendola, Pisapia e via dicendo, finiranno nei calderoni delle bolle di sapone. Anche perché di populismo neocomunista nessuno sente ormai un gran bisogno. Di populisti in Italia ce ne sono fin troppo, ultimamente sono sugli altari attori ben più rodati: Grillo, Salvini, la Meloni ecc. ecc. Ce ne sono più che a sufficienza. Così l’Italia, che avrebbe bisogno di stabilità e riforme, affonda, galleggiando pericolosamente da almeno dieci anni. Ritorna alla mente la nave da crociera Concordia che rimane la sua immagine più appropriata. Tutti in bilico, nessuna seria prospettiva, tutti pronti a colare a picco con morti e feriti. Anche perché gli altri non sono certo più affidabili del PD. A destra litigano Berlusconi e Salvini sulla leadership, primarie e non primarie e via di seguito. Nei Cinque Stelle sembra di essere in un pollaio: espulsioni, fughe, cacciate e sorprese quotidiane. Il resto dei partiti è minutaglia da non prendere in considerazione. Così noi affondiamo mentre i nostri politici ballano. Con il lavoro che manca, i servizi che scarseggiano, i diritti che si perdono in un infinito chiacchiericcio televisivo, tra incompetenze, improvvisazioni e demagogia. Abbiamo ballato tutti i balli del mondo ma, ora che stiamo per affondare, speriamo che arrivi qualcuno a gettarci un canotto di salvataggio. Le speranze sono ormai al lumicino, ma la speranza è sempre l’ultima a morire. |