Home Società «Un Natale che pensi alle nuove povertà». L'augurio delll'Arcivescovo Lauro Tisi

Traduzioni e Comunicazione

Scritto da Administrator   
Lunedì 12 Dicembre 2016 10:59

 

Solo pochi mesi fa, il 3 aprile, Monsignor Lauro Tisi veniva ordinato Vescovo di Trento in una partecipata cerimonia nel Duomo. Originario di Giustino, è un “giudicariese doc”: facciamo con lui qualche riflessione in occasione di questo suo primo Natale da Episcopo.

Questo è il suo primo Natale nel ruolo di Arcivescovo; con quale emozioni si accinge a questo passaggio?

Con l’emozione di chi sa di essere stato chiamato a un ruolo più grande delle proprie possibilità. Al contempo con la fiducia di aver risposto alla chiamata del Dio di Gesù di Nazareth. Egli ha fatto della debolezza e della povertà il suo punto di forza. Nella stalla di Betlemme Dio capovolge ogni gerarchia umana. E questa sarà l’emozione più grande del mio Natale.

 

Il 2016 è stato un altro anno delicato dal punto di vista sociale: quali riflessioni porta con sé questo Natale?

A noi tutti è chiesto grande senso di responsabilità. Fin dall’inizio del mio episcopato, parlando ai politici, ho sintetizzato tre urgenze: il lavoro che non si trova o non è più garantito; i  giovani, veri nuovi poveri della nostra società; i migranti, urgenza globale che tocca da vicino anche le nostre valli. Su questi tre aspetti chiamerò ancora la politica a un sussulto di visione profetica e di creatività. Ma la politica da sola può ben poco, se non è supportata dalla buona volontà di tutti, dalla disponibilità a rimettere in gioco i nostri privilegi acquisiti, per garantire maggiore giustizia sociale tra le generazioni. La disponibilità a rinunciare al proprio beneficio immediato, per conservare un deposito di fiducia per chi verrà dopo. Natale, come ogni nascita, è un investimento nel futuro.


La Chiesa è sempre attenta agli aspetti sociali, in questo momento grande attenzione è puntata sul fenomeno immigrazione: che cosa sta facendo la Chiesa trentina in questo senso?

Abbiamo aperto le porte di molte nostre strutture, in particolare canoniche dismesse, in stretta sinergia con la pubblica amministrazione.  La Chiesa sta cercando di testimoniare non un’accoglienza forzata, ma frutto di un cammino di maturazione e di condivisione.  Per questo serve tempo, non tutti saranno subito allineati. Non dobbiamo però mai dimenticare due realtà storiche inconfutabili: anzitutto il fatto che anche noi siamo stati migranti. In secondo luogo, abbiamo una straordinaria tradizione di ospitalità solidale. I trentini non tradiranno la loro storia.

 

Si legge che sempre più spesso in questi anni di congiuntura economica la Caritas sta assistendo non solo stranieri, ma anche trentini. Come legge questo fenomeno?

La povertà non ha carta d’identità o stato di famiglia. Alle nostre porte bussano sempre più volti insospettabili, finiti nel vortice di questa grande depressione, frutto, peraltro, dell’ubriacatura finanziaria dei decenni passati. La Chiesa, attraverso Caritas, tende la mano per provare a risollevare, almeno fin dove può. Invita però, lo ribadisco, anche ad un sussulto di responsabilità che, talora, significa anche recuperare una sobrietà perduta.

 

Lei è Giudicariese: come vive il rapporto con la Sua terra da quando è divenuto Arcivescovo?

Con la nostalgia di chi vorrebbe tornare un po’ più di frequente a incrociare tanti volti amati. E riassaporare l’aria della mia terra. Di cui spero di essere un testimonial abbastanza convincente. Ecco, direi che mi sento investito della responsabilità di raccontare alla Chiesa e alla comunità trentine il lato migliore della terra di Rendena e delle Giudicarie, la tenacia creativa, il senso di concretezza e la voglia di lavorare insieme. Ma soprattutto la consapevolezza delle nostre origini, la nostra storia di faticoso riscatto che non va mai dimenticata di fronte al benessere costruito dai nostri nonni e padri.

 

Un messaggio di Natale per i lettori dei Giornale delle Giudicarie

Siate orgogliosi delle vostre radici. I rami sono la parte visibile, le radici restano sotto traccia. Non accontentatevi del luccichio sfarzoso e di ciò che si impone spesso ai nostri occhi. Scavate nella realtà, cercate la profondità, coltivate l’interiorità. Lì troverete voi stessi e la vostra parte migliore. Nella quale si specchia anche Dio.