Home Politica L’autunno “caldo” della politica

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Scritto da Administrator   
Martedì 09 Agosto 2016 09:39

 

Con la riunione di Tione a metà luglio il “partito” dei sindaci esce allo scoperto e fa la sua entrata nel panorama politico provinciale, le elezioni del 2018 nel mirino. Ospiti del sindaco di Tione Mattia Gottardi, i circa 25 sindaci presenti - tra cui Francesco Valduga (Rovereto) e Roberto Oss Emer (Pergine) - si sono ritrovati ufficialmente per fare “riflessioni” sul contesto politico, dando così seguito a periodiche riunioni a Trento in occasione del Consiglio delle Autonomie del mercoledì. 

Un movimento che si definisce in primis “civico”, raggruppando amministratori locali slegati dai partiti e che proprio su questo elemento fanno leva per cercare una prospettiva provinciale, in un momento storico in cui le formazioni politiche tradizionali arrancano.

Ma quanto spazio ha attualmente un prossimo “partito” dei sindaci, una lista che raduna alcune delle più significative esperienze civiche emerse nel corso delle elezioni amministrative del 2015? Sarà un movimento in grado di scompaginare l’attuale scenario politico provinciale, che nel frattempo è sempre più difficile da comprendere?

Lo chiediamo a Paolo Mantovan, caporedattore del Trentino ed informato editorialista ed osservatore politico, oltre che primo ad aver raccontato sui quotidiani provinciali già alcuni mesi fa i movimenti presenti nel mondo delle civiche.

 

Mantovan, dove vuole arrivare il “partito” dei sindaci?

Questo non lo so, ma di certo il movimento dei sindaci rappresenta oggi un elemento a due facce, nuovo e vecchio insieme. Nuovo perché raduna esperienze di liste civiche che hanno ottenuto risultati positivi in diversi comuni del Trentino. Esperienze originali che dimostrano l’attaccamento a livello comunale dei cittadini ad amministratori che siano tali e non politici, e la ricerca di risposte puntuali e di concretezza amministrativa e non visioni ideologiche. Diciamo pure che si tratta di un fenomeno non nuovo; la novità è che in occasione delle amministrative del 2015 le liste civiche hanno trovato un forte impulso e una decisa accelerazione. Ora hanno anche un leader riconosciuto che è Francesco Valduga, sindaco di Rovereto, che ha vinto mostrando anche capacità di rappresentare visione politica di prospettiva oltre che civica ed amministrativa.

 

Quali prospettive vede per quest’area?

Questa proposta politica ha elementi di forza ed altri di debolezza. Di certo i sindaci possono far leva sulle recenti esperienze elettorali positive e sulla capacità di catalizzare il voto locale, anche facendo rete fra di loro; in secondo luogo possono riuscire a riunire attorno alla propria proposta tanti cittadini ed elettori delusi dai vecchi partiti, oppure quelli che hanno una generica voglia “di cambiare”, di provare qualcosa di diverso. Vedo però anche un elemento di debolezza in questa impostazione.

 

Quale?

A parer mio le civiche non possono costituire un soggetto “per sommatoria”, mettendo assieme i singoli successi elettorali locali; in ogni comune ci sono dinamiche amministrative peculiari e differenti motivazioni del voto. Ognuno è, insomma, sindaco a casa propria; poi però quando si sale ad un livello amministrativo provinciale si richiede un orizzonte più ampio, una visione e dei principi di fondo condivisi che debbono rappresentare l’aggregatore di una proposta politica. Gli interessi locali e “concreti” di una lista civica possono non essere quelli di una provincia e dunque depotenziare la portata delle liste civiche. Ulteriore elemento di cui non sono convinto è che una proposta di “rottura” che parta dai sindaci possa funzionare: ricordo nel 2008 quando la maggioranza di centrosinistra autonomista era in difficoltà, messa alle corde dall’inchiesta-Grisenti e da altre questioni e in molti pensavano che il centrodestra potesse fare il colpaccio con Divina. Invece capitò che Dellai stravinse perché il Trentino decise di fidarsi della classe dirigente che già c’era, andando sul “sicuro” e ritenendo che fosse all’altezza del compito di gestire risorse dell’autonomia.

 

Ma la gente non è un po’ stufa dei partiti tradizionali?

Di certo è così: si può immaginare che i partiti siano in caduta libera come nel resto d’Italia (anche se forse in maniera più attenuata) ed anche che i sindaci, in questo contesto, provino a presentarsi come una classe dirigente che possa gestire la provincia perché non si è sinora “sporcata le mani” con la politica. Però questo meccanismo di pensiero sta in parte saltando: non abbiamo più le risorse di un tempo, sono in atto tagli importanti, e la classe dirigente non sembra così brillante, compresi i sindaci, che devono far fronte a loro volta ad un calo dei soldi in cassa e hanno poco margine di manovra. Non trovo abbiano gli spazi che credono di avere, poiché è difficile che la gente possa vedere in loro l’elemento “di rottura” o l’”anticasta”; in questo caso è più facile credere che la gente si rivolgerebbe all’originale, ossia al Movimento 5 Stelle.

 

Perché “ora” il partito dei sindaci?

Ci sono delle precise cause politiche, legate al momento storico attuale. L’attivismo dei sindaci trae origine dalla particolare situazione dello scenario politico, che presenta un quadro fragile della rappresentanza in provincia, sia per quanto riguarda la maggioranza, sia per l’opposizione. Prendiamo il centrosinistra-autonomista: i tre partiti principali hanno celebrato ciascuno il proprio congresso, pieno di aspettative ma non hanno risolto i problemi che ne erano alla base: il Patt doveva ritrovare un senso profondo di unità interna e ricompattarsi attorno al suo gruppo dirigente ed è invece più dilaniato di prima, con polemiche e dolorose fuoriuscite; l’Upt doveva prendere una decisione tra essere Cantiere o non esserlo, tra essere vicino a Rossi o al Pd e si ritrova a distanza di alcuni mesi  con molte questioni ancora aperte. Il Pd è apparentemente quello più “tranquillo”, avendo scelto un segretario senza le solite spaccature, con il candidato sostenuto dalla nomenclatura che ha vinto. Però si tratta di un segretario scelto al ribasso, per gestire un momento di transizione e tenere tutti uniti.

 

Dunque?

Tutto questo significa che nessuno dei partiti ha risolto il proprio problema, ossia quello di ritrovare un ruolo decisivo nella coalizione. C’è una oggettiva situazione di stallo e di attesa, con la maggioranza abbastanza debole. Il quadro è ancora di più delicato perché il contesto nazionale (con il quale il centrosinistra autonomista è in parte sovrapponibile) ci propone un calo di consensi di Renzi e inoltre si va verso il referendum costituzionale con un risultato molto incerto.

 

Anche l’opposizione non sta meglio.

Il centrodestra è in difficoltà a livello nazionale con Berlusconi che prova a fatica a tenere le fila - in un panorama in cui non si riesce ancora a vedere un suo erede - e con Salvini ridimensionato dalle recenti amministrative. A livello trentino il centrodestra è da anni all’opposizione ed in una situazione di oggettiva difficoltà perché è solo riversato su soggetti che compongono delle liste civiche. A livello di partito non c’è più nessuno, tranne Bezzi per Forza Italia e Fugatti con la Lega. Poi c’è un’area di cui non abbiamo misurazioni a livello locale che è il Movimento 5 Stelle, in crescita anche in Trentino.

 

Vede spazi per il M5S anche nella nostra provincia?

Prendiamo le recenti amministrative a Torino: si può dire che Fassino non ha governato male, la città presenta una buona gestione complessiva, di certo migliore di tante città italiane: eppure vince il candidato del Movimento 5 Stelle. E’ una vicenda che deve far riflettere molto i politici, perché è sintomo evidente di come la visione dei cittadini sia cambiata rapidamente e presenti chiavi di lettura complesse con una voglia di “cambiamento” che nasce da un’insoddisfazione anch’essa generale. Un crogiolo nel quale confluiscono i problemi aperti dalla crisi economica, quelli occupazionali, il clima negativo a livello internazionale che crea incertezza, e poi, ovviamente, gli scandali che riguardano la politica e l’oggettiva cattiva gestione amministrativa di alcune realtà. Senza dimenticare che Fassino, pur ben governando, era percepito come un esponente della “vecchia politica”. Ecco che in questo contesto il M5S, con il perdurare di scenari di incertezze e soprattutto se dovesse dare buona prova di sé nelle città dove ha vinto le amministrative, potrebbe trovare spazi significativi anche in Trentino.

 

Il partito dei sindaci potrebbe diventare partner del centrosinistra autonomista, sulla scorta dell’azione dell’assessore Daldoss?

Mi pare che se Partito dei sindaci si “infila” nel centrosinistra autonomista non è più la lista delle civiche, perde tutta la sua (potenziale) carica innovativa e diventa una cosa indefinita, una lista del 4-5% che può fare due consiglieri provinciali. Ma se vogliono rappresentare una vera alternativa lo devono essere fino in fondo. Su Daldoss mi pare di capire che ci fosse un progetto con Rossi di coinvolgimento degli amministratori in una lista a sostegno in vista del 2018, ma ora sembra tutto un po’ “congelato”, forse spiazzato anche dall’uscita allo scoperto dei sindaci.

 

Dunque come vede gli scenari trentini verso le provinciali del 2018?

E’ impossibile fare previsioni al 2018 in un momento storico come questo caratterizzato da un fluidità politica senza precedenti. Non vedo certo un percorso facile, ci sono questioni politiche aperte dai congressi e nodi irrisolti che possono avere dei riflessi importanti. Oggi ci sono sul tavolo problemi importanti, tre su tutti: immigrazione, economia, terrorismo internazionale. Di fronte a cose così delicate la risposta della politica è troppo spesso insufficiente, anche perché è delegittimata dalle sue stesse mancanze. Penso sia più realistico concentrarci sulla fine del 2016, perché ci sono i passaggi del pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum e del referendum costituzionale che sono davvero delicati e possono avere pesanti influssi diretti anche sul Trentino cambiando gli scenari a livello politico.

Di certo l’autunno dunque non sarà caldo, ma caldissimo, pensando poi che ci saranno anche il bilancio e le politiche della finanziaria.

(r.s.)