
Già De Gasperi ribadiva l’esigenza di avere una Comunità di Difesa Europea. Oggi è sempre più una necessità Più politica estera e di sicurezza nell’Unione Europea L’esigenza di una politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea è stata presente nel processo di integrazione europea fin dai suoi primi passi. Lo Statista trentino Padre d’Europa Alcide De Gasperi ne fu fra i più ferventi promotori. Egli sostenne fino alla morte la necessità di avere una Comunità Europea di Difesa. Il Trattato che la prevedeva, dopo essere stato firmato nel 1952 dai sei governi che allora formavano la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio, ebbe purtroppo una infelice fine dopo il voto negativo dell’Assemblea Nazionale francese alla fine di agosto del 1954.
Se le proposte di De Gasperi fossero state accolte potevamo avere non solo un sistema di difesa europea ma una unione politica con un anticipo di decenni rispetto alla situazione attuale. Un sistema di difesa europeo non era visto da De Gasperi solo come strumento militare, ma come presupposto per realizzare in Europa una unità politica su basi democratiche, con un Parlamento europeo eletto direttamente dal popolo, fatto che avvenne solo nel 1979. Fallita la Comunità Europea di Difesa vi furono in seguito vari tentativi per creare un sistema di sicurezza europeo, necessariamente connesso con un sistema di politica estera. Le gelosie nazionali hanno purtroppo sempre costituito un freno penalizzante per l’intero processo di unificazione europea, anche se sarebbe ingeneroso non riconoscere il percorso da essa compiuti dal Secondo dopoguerra ad oggi. Dopo piccoli passi, in seguito all’accelerazione della storia conseguente alla caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989, con il Trattato di Maastricht del 1992 è stata istituita la Politica estera e di sicurezza comune; il noto secondo pilastro dell’Unione Europea (il primo pilastro è quello Comunitario, in base al quale la Commissione europea propone iniziative ed i due organi legislativi, il Consiglio dell’Unione e il Parlamento Europeo decidono, ed il terzo pilastro è quello riguardante la Giustizia e gli Affari interni).Un ulteriore importante passo è stato compiuto con il Trattato di Amsterdam dell’ottobre 1997, il quale ha istituito l’ Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Il primo ad assumere tale ruolo è stato lo spagnolo Javier Solana, ex segretario generale della Nato. Il progetto di Costituzione Europea, purtroppo rimasto lettera morta in seguito all’esito negativo dei referendum di ratifica in Francia e Paesi Bassi, prevedeva la figura del Ministro degli Esteri dell’Unione Europea. Con il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, in difficile cammino verso la sua approvazione dopo il voto referendario negativo in Irlanda, che si tenterà di recuperare fra qualche mese con nuova consultazione, ha conservato solo in tono minore la figura dell’Alto rappresentante, senza alcun riferimento ad un Ministro degli esteri europeo. Allo stato attuale le possibilità d’azione dell’Unione europea in materia, pur riguardando campi d’azione importanti, possono essere di fatto alquanto limitate, ed interessano essenzialmente interventi in casi di crisi o catastrofi naturali e peacekeeping. Da sempre la politica estera e di sicurezza ha costituito materie e competenze cosiddette “sensibili”, che gli Stati membri hanno sempre conservato e gestito con gelosia alimentata da orgoglio nazionale, a svantaggio di concrete ed utili competenze europee. Oggigiorno, tuttavia, anche con i non molto robusti stramenti giuridici europei, con un’Unione Europea sempre più attore globale, sarebbe bello, e soprattutto utile, vedere gli Stati membri più generosi e meno egoistici nel consentire azioni più incisive all’Unione Europea. Dobbiamo riconoscere che di fronte alla grave crisi finanziaria di questi tempi abbiamo registrato una positiva unità d’azione europea verso l’esterno ben lontana dai tempi in cui, negli anni Settanta, in piena crisi petrolifera, gli Stati membri della Comunità europea erano più impegnati nell’essere inclusi nella lista del “Paesi amici” dell’Arabia Saudita piuttosto che chiedere azioni unitarie alla Commissione europea. Ancor troppo forte è la prevalenza delle aspirazioni ad una politica estera bilaterale da parte di Stati membri dell’Unione rispetto ad un’azione comune delle Istituzioni europee stesse. C’è ancora troppo “gusto” per la politica estera bilaterale da parte delle Nazioni rispetto ad impegni a livello europeo. Significativo in merito può essere anche il caso di Franco Frattini, il quale, apprezzato vicepresidente della Commissione europea e commissario per l’importante portafoglio in Giustizia, Libertà e Sicurezza, ha lasciato Bruxelles per andare a Roma a fare il Ministro degli esteri nazionale. Osserviamo che nei confronti dei Potenti del mondo, gli Stati membri dell’Unione si danno da fare per essere sempre fra i primi ad avere rapporti bilaterali invece di favorire incontri a livello di Istituzioni europee. Non mancano certamente casi interessanti a livello europeo, come i rapporti Unione Europea e Federazione Russa nel caso delle crisi nell’Ossetia del Sud, in Georgia. Dopo l’elezione del Presidente USA Barack Obama, sarebbe stato significativo se il primo incontro europeo a Washington avesse visto entrare alla Casa Bianca la troika dell’Unione, con il primo ministro della Repubblica Ceca nella sua qualità di presidente del Consiglio dell’Unione Europea, il suo predecessore francese e il successore svedese. Anche se la Presidenza UE ceca non è certamente una delle più forti ed entusiaste, al di là della concretezza, peraltro più necessaria che mai in questi tempi, anche i fatti simbolici sono importanti. E’ da augurarsi che i tempi difficili che stiamo vivendo sotto vari punti di vista possano spingere o “costringere” gli Stati membri dello straordinario progetto di unificazione europea a conferire maggiori poteri e più forza concreta all’Unione Europea in materia di politica estera di sicurezza comune. Tutta ciò, senza nella togliere al principio di sussidiarietà. |