Home Politica Comunità, un bilancio intenso e un futuro da decifrare

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Scritto da Administrator   
Domenica 14 Dicembre 2014 07:46

 

Dopo la riforma Daldoss le Comunità cambieranno faccia. Quella delle Giudicarie subirà un ridimensionamento dell’assemblea da 99 a 16 membri, cambieranno pure le modalità di gestione ed il rapporto con i comuni. Lasciando l’esperienza delle Comunità elettive come un’esperienza a sé, una parentesi che è durata 4 anni e, probabilmente, sarà irripetibile anche in futuro. Ne parliamo con l’attuale presidente, Patrizia Ballardini.

 

Dopo 4 anni da Presidente della Comunità delle Giudicarie quali sono i principali obiettivi che la sua Amministrazione ha raggiunto?

Sono stati quattro anni intensi.Abbiamo costruito ed in buona parte completato il percorso di pianificazione territoriale,sia in ambito economico ed urbanistico che sociale,coinvolgendo i Comuni ed in generale il Territorio su decisioni importanti in passato gestite dalla Provincia(Piano territoriale e Piano sociale, insieme a Piano per la famiglia e Piano viabilità).Abbiamo realizzato iniziative concrete volte a sostenere  l’economia locale e la creazione di posti di lavoro,con particolare riferimento al supporto delle famiglie e dei giovani,attraverso progettualità generate coinvolgendo gli altri attori territoriali:Comuni ed altri enti pubblici,forze economiche e sociali,scuole,volontariato e associazionismo (vedi box pagina a fianco).

In parallelo,abbiamo portato avanti,con una riorganizzazione mirata,le competenze nei settori tradizionali: servizi sociali (circa 2.500 famiglie beneficiarie, ogni anno),assistenza scolastica e mense (beneficiarie ca.3.000 famiglie/anno),edilizia abitativa (beneficiarie ca.1.000 famiglie),servizio igiene ambientale,con la raccolta differenziata che ha superato l’80%, ponendoci all’avanguardia anche in ambito nazionale ed europeo.

La Comunità,insieme ai Sindaci,si è poi impegnata a fondo,al fine di garantire servizi sanitari di qualità e sicuri sul territorio,a partire dalla valorizzazione dell’Ospedale di Tione,ritenuto un patrimonio costruito con fatica dai giudicariesi che non può andare perduto. La raccolta firme della scorsa estate,che ha visto l’adesione di 23mila persone per il mantenimento del punto nascite è solo un atto simbolico nell’ambito di un percorso molto articolato per garantire anche in prospettiva servizi sanitari adeguati.

Infine,“Insieme. Una scuola per Cavezzo” è l’iniziativa che ha portato alla costruzione a tempo record di una scuola “made in Giudicarie” per i ragazzi colpiti  dal terremoto della primavera 2012:è stato realizzato un investimento complessivo di circa 1milione di euro,finanziato in buona parte da Comuni e Comunità delle Giudicarie,insieme a molti nostri Cittadini,con un ritorno positivo anche per le aziende locali che hanno lavorato al progetto,e nel novembre 2102 è stata inaugurata la nuova scuola.

L’attività della Comunità è stata intensa anche nell’ambito del Consiglio delle Autonomie Locali (ndr. Patrizia Ballardini è anche vice presidente del CAL),dove abbiamo sempre partecipato attivamente al confronto rispetto alle proposte normative formulate dalla Provincia,con l’obiettivo di dare voce alle istanze specifiche delle Giudicarie ed al tempo stesso favorire la valorizzazione dell’autonomia dei territori.

Sintetizzare quattro anni di attività in poche righe è un’impresa ardua.Per chi volesse conoscerle nel dettaglio è possibile consultare il sito comunitadellegiudicarie.it.

 

E le maggiori difficoltà che ha incontrato?

Parlerei piuttosto di complessità gestionali,che vanno ricondotte da un lato alla dimensione ed alla articolazione del contesto giudicariese,ma in misura maggiore alla fragilità di un contesto istituzionale nel quale è emersa anche la poca convinzione da parte della Provincia nel trasferire competenze effettive ai Territori. Al tempo stesso,la nostra Comunità,spesso pioniere in ambito provinciale nella attivazione delle competenze,si è confrontata con percorsi burocratici complessi, a fronte di norme spesso non lineari. L’assenza di reale convinzione rispetto al disegno originario della Riforma anche da parte dei Sindaci,unitamente alla poca attitudine al confronto allargato a tutte le Giudicarie per la concertazione di decisioni strategiche a livello comunitario,non ha agevolato il percorso.Infine,la costante azione di delegittimazione delle Comunità,anche a livello mediatico,con frequenti mistificazioni della realtà e passaggi pesanti quali il referendum per la abrogazione del 2012,non ha certo favorito un clima di lavoro positivo. Il tutto in un contesto critico dal punto di vista economico,finanziario e sociale.Condivido appieno la riflessione pubblicata su un quotidiano locale ad inizio agosto,che metaforicamente indicava “l’esperienza delle Comunità di Valle,da molti valutate come il toro valuta un drappo rosso nell’arena”.

 

L’attuazione della Riforma Istituzionale del 2006 ha presentato fin dall’inizio  aspetti problematici,quali sono stati secondo Lei?

La LP3, 2006 partiva da una visione di fondo volta a dare progressiva autonomia ai territori,trasferendo a livello locale decisioni rilevanti.Come ha ben sintetizzato il suo ideatore,prevedeva “la riforma della Provincia,che doveva privarsi di molte incombenze;la riorganizzazione non violenta della rete dei municipi,che avrebbero trovato nelle Comunità un ambito di supporto alla gestione delle loro attività per ridurre i costi e migliorare l’efficienza;la costruzione di una soggettività istituzionale delle valli,che avrebbero avuto una loro precisa responsabilità nel fissare linee di sviluppo locale, al di là della pura sommatoria dei singoli interessi municipali”. Gli obiettivi positivi sono stati affiancati però da norme e meccanismi attuativi talvolta davvero farraginosi,dal mancato trasferimento di risorse (umane e finanziarie) connesse alle nuove funzioni,dalla presenza di organi di governo molto numerosi (l’Assemblea,seppure quasi dimezzata rispetto al Comprensorio,tutt’oggi include 99 membri) ed il trasferimento di competenze reali da parte della Provincia è stato solo parziale.Il tutto in assenza di una reale e condivisa motivazione a riformare l’intero sistema delle Autonomie,a partire dalla Provincia.

 

La nuova legge recentemente approvata che rivede la Riforma Istituzionale potrà essere utile per risolvere i problemi che si sono evidenziati?

La revisione della  riforma presenta luci ed ombre,non cogliendo appieno le esigenze del sistema delle Autonomie evidenziate anche nella mozione approvata dall’Assemblea delle Giudicarie nel marzo 2013.Le luci:sicuramente risolve il  problema della numerosità dell’Assemblea (in Giudicarie, si passerà da 99 consiglieri a 16) e semplifica alcuni iter burocratici. Le ombre:traspare uno stop al percorso di progressivo trasferimento di competenze e autonomia.Sono infatti confermate in capo ai Territori solo le deleghe storiche dei Comprensori, insieme all’Urbanistica,ma,di fatto,verranno definite da parte della Provincia le modalità di esercizio.Viene introdotta l’imposizione per i Comuni di associarsi per esercitare praticamente tutte le funzioni:la Provincia assegnerà risorse,standard da rispettare e obiettivi da conseguire.

E’stato dichiarato che si ribalterà il rapporto tra finanziamenti ai Comuni e finanziamenti alle Comunità:se oggi la Provincia trasferisce 70 ai Comuni e 30 alle Comunità,dal 2016 potrebbe essere ribaltata la situazione. Ma gli Amministratori che siederanno qui avranno poi il non facile compito di decidere come allocare le risorse,scegliendo l’ordine di priorità tra le istanze dei Comuni (con un totale di finanziamenti disponibili sostanzialmente inferiore rispetto al passato e con 16 componenti del Consiglio di Comunità in rappresentanza di tutti i comuni giudicariesi).Se dovessero prevalere le ombre,la nuova riforma si tradurrà in una sconfitta dei territori,rispetto alla richiesta di maggiore autonomia. La nuova legge ridimensiona anche il ruolo del Consiglio delle Autonomie,indebolendo di fatto il ruolo dell’intero sistema degli Enti locali.