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Foto 2010
Scritto da Paolo Magagnotti |
Mercoledì 11 Giugno 2014 06:44 |
I risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo sono stati una forte ed incisiva sberla all’attuale fase del progetto di unificazione del Vecchio Continente. Il messaggio degli elettori era temuto e previsto. Si è trattato solo di attendere l’esito del voto per capirne la portata. L’insofferenza dei cittadini verso Bruxelles si è manifestata in varia maniera: con l’astensione, il voto ai partiti euroscettici ed in alcune situazioni, emblematico è il caso francese, con un sostegno quasi plebiscitario a forze politiche che chiedono una conclusione titanic dell’Unione Europea. Questa nuova situazione deve certamente preoccupare, ma non scoraggiare.
L’Unione Europea è il più importante progetto politico mai visto nella storia dell’umanità e certamente non fallirà. Le forze pro-Europa prevarranno sulle cassandre. Nel corso della campagna elettorale nella maggior parte degli Stati membri la responsabilità delle difficoltà che stiamo attraversando, soprattutto sul piano dell’occupazione e della mancanza di una adeguata crescita economica sono state attribuite a Bruxelles, con un ossessiva accusa alla Germania di voler guidare da sola l’Unione Europea ed imporre sua a tutti regole che vanno bene per il Paese tedesco. E’ stato chiesto e dopo il voto si continua a chiedere con forza un cambiamento nel sistema dell’Unione. Certamente cambiamenti sono necessari ed urgenti. Se nei primi anni del processo di integrazione europea i trattati istitutivi e modificativi potevano succedersi ad intervalli anche lunghi – dai trattati di Roma del 1957 si è giunti fino all’Atto Unico Europeo del 1986 – l’accelerazione dei tempi di questi ultimi anni con i grandi processi di globalizzazione ed interdipendenza impone adeguamenti ancora più attenti. Si tratta di un processo logico. Ora l’intero quadro del progetto europeo si articola sul trattato di Lisbona sottoscritto nel 2007 ed entrato n vigore nel 2009. Va detto tuttavia che cambiamenti efficaci dell’Unione non sono possibili senza cambiamenti negli Stati e da parte degli Stati membri. Si possono definire le regole che si vogliono ma se poi non ci si impegna a rispettarle seriamente i risultati positivi non possono arrivare. Pur dovendo essere coscienti che l’Europa è un continente di grandi diversità di varia natura che si riflettono anche nei sistemi politici e giuridici degli Stati nazionali, quando si decide di realizzare assieme un progetto politico di così grande portata come l’Unione Europea è assolutamente necessario che tutti i partecipanti concordino ed osservino comportamenti comuni, con l’auspicio i membri più virtuosi siano da esempio. Purtroppo in passato tale impegno non si è sempre verificato e la maggior parte degli Stati membri ha guardato solo al suo interno, senza pensare che anche il bene individuale può risultare maggiormente appagante in un positivo contesto generale. Nelle stesse nomine al vertice della Commissione Europea, che dovrebbe essere motore nel processo di integrazione ed è unica Istituzione titolata a presentare iniziative legislative, negli ultimi tempi i Governi nazionali hanno preferito una figura flessibile alle sollecitazioni nazionali, non sempre in linea con lo spirito di unificazione europea. Non ci si può pertanto lamentare con altri delle proprie scelte. Anche nel rapporto fra Istituzioni europee e cittadini i Governi nazionali debbono assumersi loro responsabilità. Sono loro, in fondo, i maggiori “azionisti” dell’Unione. Lo scenario che ci troviamo di fronte impone scelte forti e coraggiose. L’Italia, ritornata al tavolo europeo con recuperato prestigio e maggior forza politica può offrire un importante contributo ai cambiamenti. Non si tratta di stabilire assi privilegiate con la Germania dopo lo scivolone antieuropeo francese. Ogni sforzo deve essere compiuto per recuperare al progetto europeo la Francia, Paese che nel 1950 ha acceso il motore del processo di unificazione. Se i Paesi demograficamente ed economicamente più forti per natura delle cose possono avere un particolare impatto nelle decisioni da assumere, ciò debbono farlo con grande responsabilità nell’interesse dell’intero progetto europeo, senza trascurare i Paesi più piccoli. Al riguardo esemplare è stato il comportamento del cancelliere tedesco Kohl nel suo lungo e positivo lavoro di costruttore d’Europa. Nella storia dell’integrazione europea certi insuccessi hanno sollecitato forti riprese. Indicativo sono stati i casi del fallimento della Comunità Europea di Difesa, fortemente voluta da Alcide De Gasperi e del Piano Fouchet per una Unione politica. È da augurarsi che il messaggio elettorale dia ai decisori politici a livello nazionale ed europeo la forza del coraggio che fu dei pionieri che Secondo dopoguerra accesero il sogno europeo, di cui tutti noi dobbiamo riappropriarci per dare alle giovani generazioni un futuro con certezze impensabili al di fuori di un’Europa unita e forte.
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