Sfoglia il giornale
Â
Â
Ricerca per Parole chiave
prodotti banche rendena giunta comune paese elezioni comunità bleggio campiglio investimenti politica comuni condino provincia giudicarie consorzio chiese consiglio 2010 cittadini trentino giudicariesi sindaco cultura pinzolo trento sviluppo montagna giovani presidente tione provinciale crisi società festival territorio scuola
Primo Piano
Politica
Sport
Economia
Cultura
Foto 2010
Il National Geographic celebra la Guerra Bianca sulle nostre montagne |
Scritto da a.g. |
Giovedì 10 Aprile 2014 06:07 |
E’ una considerazione forte, ma in fondo realistica: le guerre hanno, più dei periodi di pace, contribuito a spingere l’ingegno e la tecnologia umana verso traguardi e livelli incredibili. A realizzare in breve tempo infrastrutture pratiche e funzionali, a creare nuovi e più resistenti materiali, e a volte modificare letteralmente il territorio per scopi strategici. E’ poi con la Grande Guerra che avviene il passaggio tra il “vecchio” e il “nuovo” modo di combattere, e in tutto questo, anche combattere in zone dove mai si era pensato: le cime delle montagne. Noi che questa storia l’abbiamo conosciuta da vicino la diamo ormai quasi per scontata, ma il fatto di creare interi villaggi, completi di stazioni teleferiche, dormitori, stazioni radiotelegrafiche, cunicoli, strade e gallerie in roccia unicamente con lo scopo di distruggere un avversario ugualmente appostato a qualche centinaio di metri di distanza, rappresenta forse un fatto unico nella storia. E’ stato questo il lavoro di Michele Gravino e di Stefano Torrione per la rivista National Geographic Italia, cioè raccontare attraverso parole e immagini il viaggio in quelle zone un tempo tormentate dalle granate e dai fili spinati e ora ritornate al loro originario silenzio. Un silenzio però permeato ancora dai fantasmi di quella guerra che cento anni fa aveva abitato li, lasciando tracce ancora visibili. “La Guerra Bianca: vivere e morire sul fronte alpino della prima guerra mondiale” è stato presentato nella gremitissima sala del teatro comunale di Spiazzo dove dopo l’applaudita introduzione di Matteo Motter, presidente della sezione SAT Carè Alto, che ha presentato gli ospiti e ha dedicato un momento introduttivo alla lettura di un passo del diario del tenente Felix Hecht, che combatté e morì proprio sul Corno di Cavento, è arrivato il momento clou ovvero la proiezione del filmato fotografico preparato con le immagini prese durante i sopralluoghi lungo la ex linea del fronte, a oltre 2500 metri di altezza. In questo viaggio fotografico, scorci più e meno noti, come la da poco “riscoperta” galleria del Corno di Cavento, restituita dal ghiaccio solo pochi anni fa. Gli autori dell’articolo si sono detti meravigliati e molto impressionati da quanto avevano visto in quota: “C’è tanta umanità nell’esperienza di quelle genti che hanno dovuto combattere quassù, emersa anche dal gran numero di oggetti personali ritrovati. Il ghiacciaio è come un immenso mare, che sommerge e restituisce gli oggetti che decenni e decenni fa l’uomo ha lasciato li. Sarebbe auspicabile preservare tali memorie e cercare per quanto possibile di lasciarle in quota, nel posto per il quale son state pensate ed utilizzate. Onorevole sotto questo senso l’impegno delle istituzioni, dei membri della SAT e tutti i volontari.” dice Michele Gravino. Dello stesso avviso è Stefano Torrione, fotografo: “E’ importante valorizzare i siti in alta quota. Voi della Rendena siete nati con la cultura della guerra, l’avete vissuta in prima persona, e anche dopo avete avuto sempre un rapporto stretto con questi luoghi, conoscendoli e rispettandoli. Da questo punto di vista un grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questa nostra ricerca, che ha avuto il plauso da parte di tutta la redazione: la SAT, i musei e tutte le istituzioni.” Nel corso della serata sono poi intervenuti altri ospiti, che hanno contribuito al lavoro degli inviati del National Geographic: sono Marco Gramola, guida alpina, e Michele Ongari, sindaco di Spiazzo e figlio di Dante Ongari, personalità di spicco del panorama storico e alpinistico della Valle al quale è intitolato il rifugio che è stato il “campo base” per tutta la troupe. Con loro aneddoti sull’esperienza e parole piene di emozione e commozione per una affluenza così massiccia, che premia il lavoro di National Geographic e l’impegno di tutte le associazioni ed istituzioni coinvolte.
|