Home

Traduzioni e Comunicazione

Unione Europea limitata da ambizioni nazionali
Scritto da Paolo Magagnotti   
Martedì 24 Febbraio 2009 16:39

Conflitto mediorientale e ruolo dell’Europa
Unione Europea limitata da ambizioni nazionali

Era il 22 agosto 1982. Intervenendo a Coredo, in val di Non, ad una manifestazione della Democrazia Cristiana su invito di Enrico Pancheri, l’on. Giulio Andreotti disse che “la situazione mediorientale contiene un potenziale di pericolo superiore a quello della bomba atomica”. Ai molti presenti poteva apparire un’esagerazione se non si fosse trattato di una preoccupazione espressa da un leader di così lungo corso e di non comune acume politico. Da allora non vi sono certamente state esplosioni nucleari in questa tormentata area del mondo, dove ebrei e palestinesi non riescono a trovare un’intesa per vivere in pace fra di loro e far venire meno tensioni e preoccupazioni sul piano mondiale. Agli  Ebrei rimasti in vita dopo lo sterminio dell’Olocausto, nel 1948 è stato riconosciuto il diritto di avere uno Stato dove poter vivere ponendo termine alla loro eterna fuga lungo le vie del mondo.

Il riconoscimento ha coinciso con la scadenza del Mandato britannico sulla Palestina.
Lo scontro con il mondo arabo non ha tuttavia mai cessato di generare confronti violenti e, purtroppo, tanti, tanti morti su più fronti. I suoi confini e la sua stessa esistenza sono stati  e sono oggetto di continui conflitti con i Paesi limitrofi.
Come noto il rapporto più difficile, diciamo pure drammatico, è con i Palestinesi, soprattutto dopo che nel 1967, nella “Guerra dei sei giorni”, l’esercito israeliano occupò i territori palestinesi della Striscia di Gaza e della Cisgiordania (quest’ultima comprendente anche il settore orientale di Gerusalemme).
Solo nel 2005 Israele si ritirò dai “territori occupati”. Sembrava che nuovi spiragli di pace si fossero aperti, ma il recente terribile confronto militare generato dal lancio di missili su villaggi israeliani da Hamas (Organizzazione religiosa islamica palestinese di carattere paramilitare e politico), cui Tel Aviv ha risposto con bombardamenti e attacchi terrestri che hanno causato fra l’altro la morte di centinaia di bambini, ha ulteriormente lacerato la questione mediorientale.
Il contesto storico  e geopolitico di quest’area è tale per cui è illusorio pensare che il conflitto israelo-palestinese possa essere risolto solo in seguito a negoziati fra le due parti in causa.
Oggi come in passato sono necessarie mediazioni da parte di Potenze in grado di dare qualcosa, che hanno la forza politica, diplomatica ed economica per offrire determinate garanzie.
Questo era anche trent’anni fa il pensiero dell’ex cancelliere austriaco Bruno Kreisky, il lungimirante uomo di Stato austriaco di origini ebraiche molto sensibile anche a legittime aspirazioni palestinesi. Nella lunga conversazione che ebbi con lui a Vienna nel novembre 1979, riportata nella pubblicazione “Il Cancelliere manda a dire”, dopo aver sottolineato che per fare i mediatori con speranza di successo bisogna avere qualcosa da dare o garantire, mi disse: “Come internazionalista non ho pregiudizi verso altri popoli, quindi nemmeno verso i palestinesi. In questo spirito desidero operare, soprattutto dove gli altri fino ad ora non l’hanno fatto. Solo i responsabili degli Stati Uniti possono svolgere questo compito[di mediazione]. Gli altri possono al massimo gettare dei ponti… Nel migliore dei casi ci si può continuamente sforzare di portare avanti la cassetta”.
Quando Kreisky esprimeva tali valutazioni eravamo ancore in periodo di Guerra Fredda e la politica estera e di sicurezza comune nella Comunità europea non era una priorità.
Ora i tempi sono cambiati. L’impero sovietico si è dissolto, anche se Mosca nutre molte nostalgie non sempre tranquillizzanti; abbiamo dal 1992 una Unione Europea divenuta attore globale. Ma probabilmente qui sta il punto. Un’Unione europea con 27 Stati membri ed una politica di buon vicinato che di per sé potrebbe esprimere grandi potenzialità sulla scena mondiale, ma che purtroppo è ancora prigioniera di troppe ambizioni e gelosie dei suoi componenti.
Per quanto riguarda la situazione mediorientale, fermo restando l’indispensabile mediazione degli Stati Uniti, l’Unione Europea  potrebbe svolgere un importante ruolo da comprimario; ruolo che in parte ha cercato di attivare, ma in termini assolutamente insufficienti e certamente non proporzionati alla sua possibile potenzialità.
Il limite non sta certamente solo nei vertici dell’Unione in sé, ma nella smania di protagonismo che vogliono avere individualmente  i suoi Stati membri, con capi di Governo e ministri degli Esteri che invece di creare sinergie concentrandosi sulle Istituzioni europea, dopo vertici più formali che sostanziali, si muovono autonomamente.
Va detto che l’Unione europea nei decenni passati ha promosso massicci investimenti finanziari per contribuire alla pace in Medio Oriente; sarebbe anche ingeneroso non riconoscere sforzi politici. I risultati, tuttavia, pur considerando realisticamente la grave situazione in cui ci si deve muovere, non sono stati significativi.
Nonostante l’Unione Europea disponga di precisi trattati che hanno istituito una politica estera e di sicurezza comune, l’Europa parla ancora con molte voci sulla questione mediorientale; e non solo su tale fronte.
Si aggiunga che le  stesse diplomazie nazionali si muovono con molta visibilità quando Hamas lancia missili od Israele bombarda; e solo allora  ci si accorge che gli estremisti palestinesi usano armi trasportate attraverso tunnel sotterranei. Ma che cosa faceva prima la folla di diplomatici presenti ovunque ed i numerosi servizi segreti? Con tutte le tecnologie disponibili al giorno d’oggi, non ci si accorgeva che sotto terra viaggiavano armi non destinate a cacciare uccelli? E se lo si sapeva – come certamente in parte si sapeva – perché si è atteso il lancio dei missili prima di fare qualcosa di concreto per evitare che Hamas colpisse gli ebrei e gli ebrei facessero tacere per sempre bambini innocenti?
Ora il Presidente del Consiglio dei ministri italiano sollecita l’ingresso di Israele nell’Unione Europea. Non è certamente un’idea italiana originale, se si pensa che la proposta venne fatta anche all’inizio degli anni Ottanta da Marco Pannella e dal movimento radicale.
Al riguardo va detto che oggigiorno l’Unione Europea ha una dimensione tale da non potersi limitare ad occuparsi degli interessi europei. L’Unione ha e dovrà avere sempre più la responsabilità di contribuire a creare condizioni di pace e stabilità a livello mondiale. In tale ottica la sua estensione geografica può andare anche oltre quei confini dall’Atlantico agli Urali che ci venivano ricordati sui banchi delle elementari decenni fa.