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Salviamo il salvabile |
Scritto da Marco Zulberti |
Venerdì 07 Ottobre 2011 04:55 |
La formula delle tasse “meno Irpef più Iva”, abbassare le tasse sui redditi e alzare quelle sui consumi sulla scia del modello tedesco, sta conquistando la classe politica e l’opinione pubblica italiana. Se infatti da una parte si alzano le voci per una generica richiesta di riduzione delle tasse, dall’altra anche l’opposizione sembra non saper replicare con argomenti tecnicamente convincenti tali da poter conquistare la fiducia dei media e dell’opinione pubblica come ha affermato lo stesso Presidente Giorgio Napolitano lo scorso mese al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Per pagare il nostro debito italiano è necessario diventare più produttivi e consumare meno, armonizzando le tasse sui redditi (IRPEF) e quelle sui consumi (IVA). Il recente rialzo sull’Iva dal 20% al 21% sta riservando però amare sorprese perché subito i rialzi hanno superato questo limite, senza la sicurezza che poi quest’Iva sia effettivamente pagata, o invece semplicemente richiesta al cliente ma poi evasa. Ancora una volta credo avesse ragione il ministro Giulio Tremonti; prima di frenare i consumi con il rialzo dell’IVA, si devono tagliere le spese improduttive, puntando ad un qualità della spesa che la classe politica italiana, ma anche trentina, sembra ancora non capire, come evidenzia il dibattito intorno ai compensi ai consiglieri provinciali. Se da una parte quindi il governo sembra impegnarsi nell’affrontare la crisi si ha poi l’impressione che pochi politici ed economisti sappiamo esattamente come trasformare il modello italiano, basato sugli investimenti pubblici e quindi sulla spesa e deficit pubblico, nel modello tedesco finalizzato invece alla crescita e all’occupazione, come affermava Corrado Passera l’amministratore delegato i Banca Intesa al recente Festival dell’Economia. Il cambio di un sistema economico impostato sulla spesa dello stato, o della provincia, impone la chiusura d’interi settori economici del terziario, a favore di altri invece prettamente produttivi del primario agricolo e secondario artigianale e industriale. La soluzione di partenza è quindi effettivamente quella di alzare le tasse sulle rendite finanziarie e immobiliari, ma nello stesso momento anche quello di tagliare i costi nei servizi inutili “inventati” di sana pianta dalla politica, in modo che anche la società trentina ritorni ad essere composta più da formiche che da cicale, riportando al centro il conto economico. Negli anni cinquanta in Trentino uno su tre lavorava nei servizi, oggi solo due su tre. Questo non è più sostenibile se poi le nostre imprese e i nostri imprenditori coraggiosi si devono confrontare sul piano di una economia globale dove i costi di produzioni industriale nei paesi come Cina, Brasile, India e Russia, sono un decimo di quelli europei, e quelli energetici più bassi del 50% rispetto ai nostri. In sintesi prima di aumentare l’IVA, si sarebbe dovuto necessariamente diventare più “produttivi” e meno “bottegai”, perché sull’Iva è molto più facile evadere. Fino a che in Italia il sistema dei controlli fiscali non sarà rispettato in tutte le regioni italiane, in Trentino la pressione fiscale è altissima rispetto al resto d’Italia secondo i dati del Corsera, passare al modello “più tasse sui consumi e meno sui redditi”, avviato dal governo può risultare quindi molto difficile perché si rischia una nuova frenata nel ciclo economico e un nuovo sfondamento del debito pubblico. Una stagione difficile attende il Presidente Lorenzo Dellai perché di fronte ad un conto economico trentino sempre più corto dovrà puntare ad una sorta di “qualità produttiva della spesa”, che molti politici e amministratori locali continuano a non capire, perché anche le province sono ormai sottoposte all’analisi della finanza globale, dove non si fanno sconti a nessuno. |