Home Editoriale 17 aprile. Un altro, inutile, referendum

Traduzioni e Comunicazione

17 aprile. Un altro, inutile, referendum
Scritto da Administrator   
Mercoledì 06 Aprile 2016 22:35

I giornali ne parlano poco, la televisione è quasi silente, ed anche se sono già stati indetti i comizi elettorali, pochi sanno che il 17 aprile si voterà per il referendum sulle trivellazioni per la ricerca del gas e del petrolio: quelle entro le dodici miglia marine dalla costa i cui impianti sono già operativi, per decidere se tali concessioni debbano durare fino all’estinzione dei giacimenti o debbano essere revocate alla scadenza.

Per capirci: il referendum tratta del mantenimento delle concessioni estrattive già in essere, se chiuderle alla scadenza o aspettare che il giacimento si esaurisca.

L’Italia è un paese povero di idrocarburi, finora ci siamo orientati verso lo sfruttamento dei fiumi e dei torrenti delle nostre montagne (e in Giudicarie abbiamo ricche testimonianze), che sul consumo nazionale incidono in misura modesta. I consumi domestici, ma soprattutto le nostre industrie abbisognano di grandi quantità di energia che non possiamo produrre se non importando idrocarburi da ogni parte del mondo con conseguenti aggravi delle bollette a carico di famiglie ed imprese.

Per fortuna che in questo periodo di crisi il petrolio ha un prezzo ridotto, molto ridotto, altrimenti i nostri guai economici sarebbero ben più gravi. Ma quanto durerà il petrolio così a buon mercato? Purtroppo sembra che i fornitori di idrocarburi si stiano già organizzando per far risalire il prezzo petroliero e del gas ai livelli del passato. In questo caso i nostri guai aumenteranno e non di poco. Sembra che in Italia non ci sia consapevolezza di quanto sia importante il problema energetico.

 

In tutto il mondo, anche in nazioni di grande civiltà e di tradizionale attenzione all’ambiente, vedi Inghilterra, Norvegia, Danimarca ecc, viene considerato una fortuna non da poco la scoperta di sacche di gas o di petrolio sul proprio territorio. Ogni nazione di un certo peso considera essenziale il raggiungimento dell’autonomia energetica e compiono ogni sforzo verso l’individuazione di possibili giacimenti, per poter offrire al proprio mercato idrocarburi a buon prezzo, basilari per contenere i costi di produzione industriale e per il benessere della gente, anche per non essere continuamente soggetti a ricatti politici dei paesi fortemente produttori.

Noi, come al solito, da buoni italiani, dopo l’errore (altro referendum) del blocco della costruzione di nuove centrali e delle centrale nucleari già esistenti con gravissimo danno economico, (e le scorie sono ancora lì…), assumiamo comportamenti incomprensibili e pericolosi di ostilità ed avversione persino nei confronti degli investimenti, da tempo finanziati dal Governo, per incentivare fonti rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico e lo sfruttamento dei pozzi. Non si capisce che ridurre i costi dell’energia elettrica per la nostra industria manifatturiera, è la condizione necessaria per poter competere con l’economia mondiale.

 

Naturalmente, come in ogni dibattito, in Italia si butta tutto in politica e ci si fa male con le proprie mani. Purtroppo ci sono le solite minoranze elitarie ambientaliste che ormai dicono no e solo no ad ogni tentativo di modernizzare il Paese, vedi No-Tav, No-Mose, No all’eolico ed alle sue pale,...no...no...della loro presenza ormai c’è chi ne ha fatto una professione.

Così cercano di allarmare la popolazione parlando di danni ingenti all’ambiente e al clima, portando anche qualche considerazione accettabile, ma per gran parte sobillando la gente con informazioni errate e ambigue. Come i danni al turismo: le piattaforme marine sono visibili da decenni di fronte all’Emilia Romagna, Marche e Abruzzo, e finora, non hanno dato alcun inconveniente.

Si parla di possibili danni alla pesca: ma i danni alla pesca nell’Adriatico sono causati soprattutto dall’uso di tecnologie ultramoderne per la cattura del pesce che niente hanno a che fare con il rispetto della fauna ittica e del mare in generale. Alcuni insistono nel sostenere che le energie rinnovabili (eolico, solare, geotermico ecc.) siano una valida alternativa alle energie tradizionali in un mondo rispettoso dell’ambiente. Ma, in proposito, dobbiamo essere franchi: ad oggi, e nel prossimo futuro, queste energie rinnovabili possono solo aiutare, ma non sostituire quelle convenzionali, sia perché ancora in fase di sviluppo, sia perché troppo costose. Auspico anch’io che le rinnovabili divengano le energie totali, ma non facciamoci illusioni, avremo a che fare con il gas ed il petrolio per ancora qualche decina d’anni.

Nel frattempo non abbiamo alternative, almeno che non siamo disposti a rinunciare a tutte le comodità che il mondo moderno ci offre. Ricordando comunque che anche contro le energie rinnovabili gli ambientalisti si sono fatti sentire, anch’esse tacciate come pericolose ed inquinanti. E allora cerchiamo di credere meno alle favole e torniamo con i piedi per terra. Nucleare no. Petrolio no. Compriamo tutto all’estero e buona notte. Ma poi non lamentiamoci se siamo pieni di debiti. Se l’ambiente è un bene importante per la nostra gente, lo è altrettanto la possibilità di sfruttare a fin di bene la nostra possibile energia da idrocarburi, come fanno tutti, dato che l’acquisto all’estero di petrolio e gas è la parte più cospicua della nostra bilancia commerciale.

Le due esigenze devono trovare un proprio equilibrio purché le questioni vengano affrontate con coscienza, lucidità, con razionalità, e lontane da opportunistiche furbizie, senza l’enfasi un po’ artificiosa e populista dei contrari ad ogni progresso, ad ogni passo in avanti nel buon uso della tecnologia. Così il 17 aprile siamo chiamati ad esprimerci sulle questioni che ho posto. L’esito del referendum sarà valido se più del 50 % della popolazione andrà a votare. Tre le alternative: votare sì se si vuole bloccare tutto, votare no, se si vuole andare avanti come ora, con tutte le garanzie previste dalla legge per la protezione dell’ambiente, o non andare a votare. E questa è la mia personale scelta. Di fronte alla mania tutta italiana di promuovere referendum per gran parte finalizzati ad interessi politici, (questo ci costerà 300 milioni di euro!), io preferisco starmene a casa, i referendum sono fondamentali strumenti della democrazia, ma devono essere usati con intelligenza e con responsabilità: quello sulle trivelle, a mio parere, è uno dei più inutili e costosi referendum di tutta la storia italiana.